Ci sono tre vecchie nella stanza dei vecchi, all’ospedale.
Stan male tutte e tre, mani, piedi, stomaco. E braccia e gambe, e occhi che vedono ombre, e orecchie che sentono poco.
La prima vecchia, però, ha lo sguardo che sta bene: c’è una figlia, accanto a lei, verranno altri parenti. La coccolano e la baciano, anche se lei non vorrebbe. Le portano cioccolatini e fiori e giornali. Anche del profumo.
Le altre hanno sguardi malati.
Anche la seconda ha i parenti che vengono, ma hanno fretta, arrivano, si avvicinano, poi si allontanano: ai piedi del letto. Lontani, lontani. Guardano l’orologio, hanno fretta, però son venuti, almeno un po’.
La terza, invece, accarezza il telefonino: suo figlio le ha mandato un messaggio, giorni fa. E lei li accrezza, con lo sguardo malato, figlio e messaggio.
hai fatto centro, Remo.
un semplice e fottuto centro.
i nostri vecchi siamo noi.
un domani saremo vecchi.
ci terranno? ci butteranno via?
se esistono le stanze dei vecchi allora è un ospedale rispettoso e riguardoso, meno male veh.
Mio padre, qui, non posso citarlo. Non è mai stato vecchio lui.
ci sono numerose probabilità che quel figlio accarezzerà il cuscino dove la mamma poggiava la testa. quando lei non sarà più qui
Triste essere malati, ancor più triste essere in ospedalizzati, cazzarola!!!
Mi ricorda mio padre e poi mia nonna
Baci
Elisa
Remo tu mi fai sobbalzare. Ho ripensato a mio nonno. Aveva sempre noi accanto e anche la sua colonia di Hermes. Lui, però, ci voleva.
Ricordo che a casa, quando era entrato in coma, mi carezzò la mano mentre io gli parlavo tenendo la sua… gli dicevo di mia figlia.