Le fasi del mio essere scrittore

Come scrittore sto vivendo la fase C.
Ma andiamo con ordine. Tornando indietro di diciassette anni.

Fase A.

Ho meno di quarant’anni. Ho perso tempo: nel senso che ho lavorato facendo di tutto, ho studiato, ho recitato, mi son messo anche a giocare a bowling a livello agonistico, “ma hai perso tempo” mi dico quasi ogni sera. Almeno un libro avresti dovuto tentare di scriverlo. Dicevi a tutti che saresti diventato uno scrittore, no?
Allora, a me piace scommettere. La scommessa fu: Finirò di scrivere il mio primo libro prima di compiere 40 anni.
E così fu. Nel 1996 avevo terminato Il quaderno delle voci rubate.
Non c’era internet e quindi cercai i nomi degli editori dovunque: riviste, pagine bianche gialle blu. Giornali.
Per anni collezionai solo risposte negative. Ci furono però due agenzie letterarie che mi chiesero di apportare modifiche: non le ascoltai).
Prima della fase B successe questo (è cosa nota, ma non a tutti). Inviai il manoscritto a Laura Bosio che dopo alcuni mesi mi telefonò. Il libro le era piaciuto, mi disse che dovevo aggiungere un capitolo. Le diedi ascolto. Il libro fu pubblicato dal giornale in cui lavoravo e lavoro, La Sesia. Fu regalato agli abbonati (che erano 1600 e che avevano facoltà di scelta: o il mio libro o un euroconvertitore con agenda; la metà scelse il mio libro),
Era il 2002. Avevo impiegato sei anni a vedere il mio manoscritto diventare libro.

Ma non potevo certo sentirmi uno scrittore. Avevo pubblicato… in famiglia.E Il quaderno delle voci rubate non era stato distribuito alle librerie.  Certo, potevo andare orgoglioso, perché Laura Bosio mi aveva detto di scrivere ancora.

FASE B
E’ l’autunno del 2003. Mando in lettura il primo capitolo e la sinossi di Dicono di Clelia a Mursia e Mursia, dopo nemmeno un mese, mi telefona.
Casa editrice Mursia, cerchiamo il signor Bassini.
Io penso: vorranno vendermi qualcosa. No, volevano leggere tutto il libro. Alcuni mesi dopo il verdetto, che è positivo.
Mentre attendo che Mursia stampi il libro scrivo Lo scommettitore e lo mando in lettura a Fernandel. Mi telefona Giorgio Pozzi, il libro gli è piaciuto. Lo pubblicherà.
Primi mesi del 2006. Escono, a distanza di pochi mesi l’uno dall’latro, Dicono di Clelia e Lo scommettitore.
Lo scommettitore diventa libro del mese e poi dell’anno di Fahrenheit.
A fine 2006 mi contatta la Newton Compton. Mi chiedono se ho un romanzo nel cassetto.
Ne sto scrivendo uno, rispondo.
Mi fanno il contratto ancor prima che io finisca di scrivere il libro che ho in testa, La Donna che parlava con i morti (che avrà una prima tiratura di 4mila copie e una seconda di 1500).
Poi scrivo e pubblico Tamarri (raccolta di racconti che mi viene chiesta da Historica), poi scrivo Bastardo posto. La Newton ne annuncia l’uscita nel suo catalogo del quarantannale (vedi sotto, fotografia della pagina del catalogo inglese), ma arriva la crisi, la Newton blocca o rallenta le pubblicazioni, compreso Bastardo posto. Io aspetto, poi nel 2010 rescindo con la Newton, e propongo Bastardo posto ad alcuni editori.
Il primo che mi risponde “Ti pubblico” è Luigi Bernardi, allora direttore di Perdisa.
Accetto subito perché Bernardi mi piace, e poi mi piace scommettere su Perdisa.
Ma forse faccio l’errore della mia vita: un’altra casa editrice, ben più importante di Perdisa, mi avrebbe pubblicato…
Forse l’errore è imperdonabile: considero infatti Bastardo posto il mio miglior libro.
Comunque. L’espereinza con Perdisa – a parte il mio errore – la ritengo valida.
Tant’è che nel 2011 (oltre al racconto lungo Il monastero della risaia che esce per SenzaPatria) sempre con l’editore Perdisa (editor è Antonio Paolacci) pubblico Vicolo del precipizio, metalibro su Cortona e i ricordi.
A questo punto però, si affaccia la Fase C

Fase C

Ho nel cassetto quattro racconti neri, intitolati Nel buio assoluto di un bagagliaio.
Ho nel cassetto il mio primo libro, Il quaderno delle voci rubate. In pratica è un libro fantasma (che tanti, penso per esempio a Luisito Bianchi o alla “donna che parla con i morti”, lo considerano il mio miglior libro).
Ho nel cassetto un giallo ambientato a Torino dal titolo Il caso Lingua Macabra.
La fase C, già. Che mi ricorda tanto la Fase A.
Sono nel cassetto ma anche in giro, che cercano un editore.
Ma va bene così. Non mi sento una vittima del sistema.
E quando dico a me stesso che posso anche smettere di scrivere so che sto dicendo una bugia.
Creperò povero (perché ho le tasche bucate), creperò scrivendo.
Certo, quando la crisi d’astinenza da scrittura si protrae come si sta protraendo adesso un po’ comincio a preoccuparmi. Solo un po’:

(Mamma mia quanto ho scritto)

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