Il libro dimenticato (e la mente)

Succedono cose strane nella nostra mente.

Ero un bambino, e non avevo letto Freud. E quasi ogni giorno mio padre mi mandava in cantina a prendere una bottiglia di vino (che aveva imbottigliato lui, dopo essersi rifornito in Monferrato. Ricordo ancora che il babbo faceva e fa tutto con la luna: le semine nell’orto, il taglio dei capelli, l’imbottigliamento).

Una notte sogno che mentre sto per prendere la bottiglia di vino, alle mie spalle, nella penombra, c’è un topo che mi osserva. Il giorno dopo vado in cantina, e mentre afferro la bottiglia di vino mi ricordo del sogno. Mi giro e sulla parete c’è un ragno dalle proporizioni gigantesche. In un primo momento penso di aver avuto un sogno premonitore, poi però, nei giorni a seguire elaboro un’altra teoria: che io quel ragnaccio l’avessi già visto, ma… diciamo senza accorgermene. Pensai insomma che i nostri occhi vedono e immagazzinano, e non non ce ne rendiamo conto. Ma magari fu un caso.

E c’è la memoria. Più passano gli anni e più si dimenticano nomi e cose.

Una volta, dopo una visita medica (che odiavo fare) mi chiesero l’indirizzo di casa per la ricevuta. Non lo ricordavo, niente, il vuoto; pensai: ho l’alzheimer.

Mesi dopo sono a Marsiglia (vado poco all’estero, ma la città di Izzo dovevo e volevo vederla). A un certo punto mi accorgo di avere finito i soldi. Ho il bancomat nuovo, però. Già e il numero segreto? Me lo avevano dato, lo aveva letto una, due volte, poco insomma. Ho un flash: vado al bancomat e provo. Mi ero ricordato.

Da qualche giorno sto cercando di risistemare i libri del mio studio francescano (scrivania, un mac, un pc, cd vari, una stampante, libri tutto intorno ma con i lego di mio figlio, il tabacco, le foto ricordo… un casino insomma). Italiani da una parte. Americani in uno scaffale. Classici francesi e russi in un altro. Libri della balle in uno scatolone. Libri da sistemare, gettati dove capita. Libri di poesie e psicanalisi spostati altrove, ché non ci stanno (i miei dodici libri sono conservati dentro un mobile, insieme alla tesi e a una decina di libri, quelli di Luisito Bianchi per esempio, a cui tengo maggiormente).

E comunque. Oggi mi torna alla mente un libro. Lo comprai una quindicina di anni fa. Guardai la copertina, lessi a caso alcune righe, lo acquistai. Era un giallo ma non lo sapevo. Allora ne leggevo pochi (oggi invece leggo perlopiù gialli). Lo lessi, mi piacque. Tanto. Un’isola, uno sceriffo, un delitto, la moglie dello sceriffo che va con un altro uomo, i locali, le barche. Quel libro – realizzo oggi – non so che fine abbia fatto. Cerco, macché non salta fuori.

Ma il peggio è questo. Non ricordo né il titolo né l’autore. E mi spiace, mi spiace perché vorrei rileggerlo per rispondere a una domanda che ogni tanto mi sono posto, ripensandoci: perché mi è piaciuto così tanto? O meglio: negli ultimi dieci anni mi è spesso tornato alla mente un giallo che, se non ricordo male, è sì un libro piacevole da leggere ma non è nulla di eccezionale? Fortunatamente è arrivato il flash (in bagno, mentre facevo pipì; e non è la prima volta). Mi sono ricordato il titolo. Alla fine del molo. Vado su internet. Lo ha scritto Martha Grimes, giallista classe 1931. Vedo che è fuori catalogo, forse c’è in giro qualche copia usata. Cercherò ancora in casa, poi magari ne acquisto una copia usata.

La mente, comunque. E la memoria.

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