Elementari, medie e superiori fatte a fatica. Non sopportavo scuola e insegnanti. A 17 anni volevo smettere e arruolarmi in Marina.
Dopo il diploma, 7 anni di fabbrica, al settimo mi iscrivo a Lettere. E’ il 1982. Tutte le mattine vado a Torino in treno (sveglia alle 6,30), tutti i pomeriggi vado a lavorare in pullman in fabbrica a Prarolo (dalle 14 alle 22) che dista pochi chilometri da Vercelli.
Smetto di andare al cinema, dimentico gli amici, le cene di famiglia.
Dormo 4 ore, perché devo trovare il tempo per studiare.
Dai 20 ai 23 anni avevo sofferto di crisi epilettiche. I medici mi avevano detto che avrei dovuto dormire 8 ore e limitare le sostanze eccitanti. E invece: 4 ore di sonno, 30 sigarette a 10 caffè al giorno. E nessuna conseguenza (mai stato così bene).
Mai il tempo era comunque poco. Anche perché avevo una bimba piccola. La sera mi aspettava prima di andare a dormire, mezz’ora, un’ora stavo con lei. Poi mi mettevo a studiare finché non crollavo dal sonno.
Primo esame di Letteratura: 28. Secondo esame di Pisicologia, 30. Terzo esame di Storia romana, 30. Quarto esame di Geografia economica, 29.
(Prima degli esami la fabbrica mi concedeva tre giorni di permesso retribuito: tre giorni).
Non solo. Se non dovevo studiare leggevo come un ossesso. Feci indigestione di Freud e Dostoevskij. Leggevo tutti i giorni Repubblica, gli articoli di Beniamino Placido su letteratura e giornalismo li ricordo ancora adesso.
Cos’era successo? Perché a 26 anni riuscivo negli studi mentre prima i libri mi facevano vomitare o quasi?
Semplice: mentre aspettavo il treno, mentre ero sul treno, durante le pause in fabbrica, insomma quando mi era possibile ripassavo. Ripensavo, insomma, alle lezioni. E quel pensare, intenso, mi stimolava e mi conduceva verso altro. Verso i ricordi, per esempio. O i sogni. Ricordo che presi l’abitudine anche di riscrivere alcuni sogni fatti. Lo studio del Pascoli (con Stefano Jacomuzzi) mi portò ad acquistare e leggere vari libri di poesia: Rimbaud, Baudelaire, Pessoa, la Valduga (che mi fu consigliata da un’amica); in una bancarella vidi un libro di poesie di Bukowski, che non conoscevo. Lo sfogliai e lo comprai.
Dopo il primo anno pensai: se chiedo 6 mesi di aspettativa dalla fabbrica spacco il mondo. Macchè. Ottenni sei mesi e feci la metà di quanto fatto nei sei mesi precedenti lavorando e studiando. Il tempo insomma: bisogna saperci giocare.
PS A volte mi chiedono. Cos’hai provato quando hai pubblicato il primo libro (Mursia… mica Mondadori)? Oppure. Come ti sei sentito quando ti hanno nominato direttore del giornale La Sesia (giornale locale)? Rispondo pensando al giorno della mia laurea. Voluta fortemente, più di ogni altra cosa.
Bellissimo !! Io fino alla maturità ho studiato in casa ogni anno davo gli esami da privatista ed è stato bellissimo leggevo leggevo studiavo le lingue viaggiavo anni magnifici. Sarò sempre grata ai miei genitori che questo hanno permesso!