Una pagina tratta da “La donna di picche”
Caro Pietro,
da quando ci sei tu penso sempre alla morte e all’amore. Tu non lo sai, ma io sono morta una volta: una parte di me è nella bara, accanto a papà. Lui è il mio spirito guida, il mio Dio. Ma il bene che voglio a lui lo voglio anche a te. Pietro, ricordi come abbiamo fatto l’amore? Come degli dèi. Per me è stato sublime, ho toccato il cielo come non mi era mai e poi mai successo (e, ne sono certa: nessuna donna di cuori ti ha fatto provare quello che ti ho fatto provare io, vero Pietro?). Ripensa a noi. Io sono seduta su di te, tu che sei dentro di me, e i nostri movimenti sono lenti. Ci fermiamo, riprendiamo, e intanto tu mi stringi e mi fai male, ma io voglio così, stringimi ancora più forte, e tu mi capisci senza bisogno di parole, perché le tue mani sui miei fianchi sembrano morsi, perché ti piace sentire le mie unghie che affondano nelle tue spalle; e intanto la mia lingua è premuta sui tuoi denti, e abbiamo un unico respiro, un’unica saliva, e mentre facciamo l’amore con i nostri sessi e con le nostre bocche io penso, e lo penso anche adesso, e lo penso ogni volta che mi addormento, che quando morirò mi porterò dietro il ricordo dei nostri corpi, della nostra saliva, del nostro fiato, di te e di me che esplodiamo con lentezza, come un solo vulcano: e sarà l’ultima immagine.
Pietro, voglio vivere e morire con te. Lo capisci quanto ti amo?