Parlare da una finestra all’altra. Non dico diventare amici, ma simpatizzare, sì, simpatizzare, provare simpatia l’uno per l’altra è il termine giusto, credo.
Lei, Paola, non c’è più. Faceva l’infermiera in oncologia. Io facevo il giornalista (dirigevo il giornale di Vercelli, La Sesia).
E succedeva spesso, specie nella bella stagione, che fumassimo insieme, lei una sigaretta io il sigaro, a distanza. Io spalancando la finestra, lei seduta per terra, sul suo balcone.
Era una bella donna, era sempre allegra, era anche un po’ pazza.
Parlava poco del suo lavoro, lo capivo. Preferiva scherzare, parlare di cani.
L’ultima volta, però, volle parlarmi del suo lavoro (fu l’ultima perché poi lasciai il giornale).
Mi raccontò una storia di un grande, immenso dolore, una storia che poi, modificata, è diventata la pagina di un mio libro (La Notte del santo).
Risento Paola che mi racconta: “C’è una giovane donna ricoverata, le manca poco. È disperata perché ha solo una figlia e non sa cosa ne sarà di sua figlia quando lei morirà. La bambina viene a trovarla con lo zaino, si abbracciano, e io mi sento così impotente…”
La storia del dolore più grande la sentii alla finestra, da Paola. Era una giornata primaverile, ancora fredda ma con un po’ di sole, come oggi.