Ho quattordici anni, mi chiamo Marco, faccio la terza media e gioco a calcio. Sono piccolo e veloce, il mio idolo è Ronaldo (però se divento forte come Chiesa a me va bene lo stesso).
In famiglia siamo in cinque. Papà, che adesso è a casa perché fa l’imbianchino, la mamma, pure lei a casa: fa le pulizie per una cooperativa, ma adesso deve allattare Noemi, la sorellina che è nata due mesi fa.
Poi c’è mio fratello Alberto, che fa la quarta elementare. Lui gioca a basket, ma il suo sport preferito è starmi addosso.
Abbiamo un solo computer, io ho il profilo facebook, ma la mamma mi ci fa stare solo un’ora al giorno, così non posso chattare con i miei compagni di classe e della mia squadra; insomma, mamma vuole che io studi, e, porca zozza, vuole anche che io aiuti mio fratello a fare i compiti. Mamma è triste, dice che non vede l’ora che tutto finisca, papà invece sta zitto, ma è nervoso, non gli si può dire niente. Fuma in continuazione, spalanca la finestra solo quando mamma gli dice che intossica Noemi.
Il mio pallone da calcio è in un armadio nell’ingresso, insieme a quello da basket di Alberto. Il balcone è troppo piccolo, e poi se la palla vola in strada, magari su qualche auto in sosta, son cazzi.
E quindi io resto a casa, tutto il giorno, ma la mia casa ha un piccolo problema: è di cinquanta metri quadri. Anche meno, dice papà. Che fosse di cinquanta metri quadri o anche meno lo so adesso, prima non mi importava. Scuola, oratorio, allenamento. La sera un po’ di facebook o di tv (solo che non abbiamo né Sky né Netflix, siamo in pochi in classe a non averne almeno uno. Io vorrei tanto vedere la partite della Juve, qualche film…).
Mio fratello è una rottura di palle, soprattutto adesso, perché appena la mamma spegne la luce perché è l’ora di dormire, mi assilla di domande, e poi vuole anche abbracciarmi (dormiamo in sala, in un divano letto) perché ha paura.
Certe notti, quando sentivamo che in camera da letto mamma e papà facevano le “loro cose”, Alberto mi chiedeva: Ma che succede Marco? La mamma sta male? Sta bene, sta bene, gli rispondevo. Succedeva un po’ di tempo fa, questo. Ora è diversa anche la notte.
Moriremo tutti? Mi ha chiesto Alberto due giorni fa.
Ma vaffanculo, fammi dormire, gli ho risposto.
Quando Noemi piange e papà ascolta il telegiornale a me viene voglia di scappare. Da quando c’è il coronavirus di notte non riesco a prendere sonno, nemmeno papà ci riesce: dormisse lo sentirei russare. Per me non scopano nemmeno più. Fortuna che Noemi dorme. Rompe le palle tutto il giorno ma di notte dorme.
Papà è l’unico che esce. Va a fare la spesa e a prendere le sue puzzolenti sigarette, io e Alberto, invece, litighiamo per andare a gettare via la spazzatura. Una volta per uno, ha urlato la mamma.
Ieri però papà ci ha detto che dovevamo fare due passi, ma non insieme: prima io e papà e poi Alberto e papà.
Io sono stato fortunato, non ci ha visti nessuno, ma papà e Alberto sono stati fermati dai vigili, che prima gli hanno chiesto dove abitavano e poi gli han fatto una ramanzina, dicendogli che non devono uscire senza un motivo grave; ma mentre i vigili parlavano, da un balcone una signora e poi un’altra ancora si sono messe a urlare, dicendo che papà e Alberto dovevano essere multati e dovevano vergognarsi. Alberto si è spaventato, mamma si è messa a piangere quando papà lo ha raccontato, piange per niente mamma. Non credo che papà ci porterà ancora in giro.
Io resto a casa. Fanculo.
Siamo gestiti da delle teste di tubo
il virus non è a X metri da caso nostra, il virus è nelle persone
se un cittadino si protegge con moscheria e guanti e rispetta le distanze non fa male a nessuno, indipendetemente dalla distanza da casa sia.
Non puoi uscire, ma puoi andare al supermarket dove c’è gente senza nessuna protezione che ti passa vicino come nulla fosse.
#iorestoacasa è una cazzata, bloccare le attività è una cazzata ancora più grande
#iomiproteggo è l’unica via valida, e l’hanno resa obbligatorie solo da poco quando doveva essere la prima cosa. la comunità scientifica non da risposte, l’ordine dei medici non sa che fare… e allora fanculo tutti, la gente è disposta a morire per la libertà, questo se lo sono scordati…
Personalmente me ne frego di queste regole irrazionali fatte da beoti, volete multarmi anche se mi proteggo e proteggo gli altri, fate pure, non rinuncio alla mia libertà neppure per un virus di merda
Grazie Caterina, buone cose
E’ il dramma nel dramma. Per uscire di casa ci serve la certificazione e ne cambiamo il modello ogni giorno, sempre più lungo. Ci muoviamo guardinghi temendo il respiro degli altri e persino il controllo dei vigili, che minacciano multe fino a 4000 euro se facciamo una passeggiata fuori casa. Facciamo i turni con il cane, che si starà chiedendo come mai non possa più andare a spasso con entrambi i padroni, ma solo uno alla volta e, quando sentiamo o leggiamo le ultime notizie, proviamo un brivido pensando che, intubati in quei letti, potremmo finirci anche noi.
http://viracconto1.blogspot.com
non posso loggarmi con blogspot, devo farlo con facebook
Che brutti ricordi da ricordare e che brutta può diventare, la gente in cattività.