E la poesia è nella strada come un senzatetto

Non l’ho ancora letto ma son convinto che Stefania Nardini abbia, stavolta, scritto il “suo libro”.
E son convinto (ma lo spero anche, diciamo in modo interessato) che Perdisa (non per altro, uno dice Perdisa e pensa a Luigi Bernardi) sia un gran bell’editore.
Comunque, quella che segue è la bella recensione che ha scritto Sandra Petrignani sull’Unità.

Parigi non sarebbe quello che è se Simenon non l’avesse descritta come ha fatto nei suoi Maigret. Marsiglia, almeno la Marsiglia contemporanea, deve molto a uno scrittore dalla velocissima parabola e dalla scrittura ferma ed essenziale dei nostri giorni, oserei dire dei nostri giorni noir, Jean-Claude Izzo. Figlio di un nabo , un immigrato napoletano, mentre la madre era di famiglia spagnola, Izzo era dunque un rital , marsigliese figlio di immigrati, soprattutto era figlio del Panier, «il quartiere che spunta sulla collina e domina il porto, considerato un covo di ribelli… Un groviglio di vicoli in cui s’intrecciano storie, codici, misteri, allegria, disperazione».

Così descrive la Marsiglia del 1945, data di nascita di Izzo, Stefania Nardini, giornalista culturale che viene dalla cronaca e che ha già fatto incursioni nel romanzo (Matrioska e Gli scheletri di via Duomo, editi da Pironti). Jean-Claude Izzo. Storia di un marsigliese racconta un uomo e una città (quasi una doppia biografia) e sarà in libreria il 7 di aprile, edito da Perdisa. Cinquantacinque anni – Izzo è morto nel 2000 per un cancro ai polmoni – pieni di storie, di amori, di ribellioni. Lo ricordo magrissimo e attraente a un convegno di scrittori in Provenza, già molto malato. Ricordo che mi colpì la sua serietà, un rigore che attraversava le sue parole, ma anche il suo modo di muoversi, di camminare. E ricordo l’aura che lo circondava, dovunque andasse era subito raggiunto da amici e fan, soprattutto giovani.

Ora lo ritrovo nel racconto di Stefania Nardini con la sua parte d’ombra, di senso di colpa, di irresolutezza: un’umanità contorta e appassionata solo in parte riversata nel suo personaggio più famoso, il poliziotto Fabio Montale, protagonista della trilogia Casino totale, Chourmo, Solea (editi da e/o). Lo ritrovo giovane e innamorato della futura madre dell’unico figlio, Sébastien, che inizia con lei un percorso politico rigoroso, mentre scrive poesie non d’amore, ma sempre impegnate. Ha il mito di Rimbaud e nell’andare a Gibuti e ad Harar, a visitare la casa del poeta, scopre una realtà ancor più sconvolgente di quella miserabile degli operai e disoccupati di Marsiglia: la povertà totale, i lebbrosari. Sceglie una professione al servizio degli sfortunati, il giornalismo di denuncia. Politica, pacifismo, poesia.

«E la poesia è nella strada come un senzatetto» dice un suo verso che potrebbe essere il suo manifesto. «Marsiglia non è una città per turisti». «Marsiglia, una verità alla luce del sole…». È sempre questa città a fare da sottofondo, a parte una parentesi parigina, alla sua narrativa come alla sua vita. Ma la narrativa arriva tardi e per caso. Un giorno pubblica un racconto di una ventina di pagine, Marseille, pour finir , su una rivista. Lo notano alla Gallimard e gli chiedono di farne un romanzo. Sarà Casino totale . Un inaspettato successo, l’inizio di una carriera di narratore (molto più interessante del poeta che credeva di essere) che non aveva programmato. Era il 1995. Aveva cinquant’anni: non era più iscritto al partito da tanto tempo, aveva macinato amori soffrendo della sua incapacità a essere fedele, lui così fedele ai suoi ideali, alla sua città. Cominciava una nuova avventura che lo avrebbe imposto anche fuori di Francia.

SOLO CINQUE ANNI Ma aveva poco tempo, pochissimo. Solo cinque anni per confermare un talento, che gli fu ampiamente riconosciuto da lettori e critica e che rimbalzò nelle trasposizioni cinematografiche e televisive. Nei suoi romanzi ritorna la sua esperienza personale, il suo impegno politico. Riflette in Solea : «L’attività criminale è strettamente associata, per l’opinione pubblica, al crollo dell’ordine pubblico. Vengono evidenziati i misfatti della piccola delinquenza, mentre il ruolo politico ed economico e l’influenza delle organizzazioni criminali internazionali restano invisibili». L’ultimo romanzo, Il sole dei morenti , parla di un clochard, un uomo che insieme all’amore ha perso tutto. Al funerale fu accompagnato dalla musica che preferiva, Aznavour, Ferré, Miles Davis. E «le sue ceneri furono gettate in mare», conclude Nardini. Il mare da cui era arrivato a Marsiglia suo padre, senza altra dote che la forza delle braccia.

vivere con lentezza: vera

Una valle isolata dal mondo, che non sembra vera.
Dopo un rifugio e la chiesetta e un parcheggio per una decina di auto inizia un vicolo: porta a piccole frazioni, dove vivono poche anime, tutto l’anno.
Il vicolo è stretto, c’è neve, mi chiedo, ma quanto è lontano, da qui, un pronto soccorso?
Invece di chiedermi chiedo: Ma se qui a uno viene un infarto…?
Non mi fanno finire. Ridendo mi dicono: Muore.
Arriverà l’elicottero, penso (sempre che il cellulare prenda, perché qui i cellulari prendono e non prendono).
Vedo dei bambini giocare a pallone, parte del terreno è sterrato, parte è sterrato con neve.
Si sente, non lontano, il rumore dell’acqua di un ruscello.
Forse qui è difficile morire di infarto.
Perlomeno da giovani.
Parlo con una donna, ha un bimbo piccolo, mi dice che è suo figlio, io, ingannato dal suo abbigliamento da casalinga trasandata, dai suoi capelli un po’ sfibrati e che comunque non conoscono né parrucchiera né tinta, pensavo fosse la nonna.
S’invecchia come una volta, qui.
Qui, una vita fa, arrivò un poeta pazzo d’amore, Dino Campana. Cercava Sibilla, tra questi sentieri.
Lo vedo correre, seguito dallo sguardo lento della gente, qui: ché qui tutto è lento.  Lontano.