l’avvelenato

Non ho gli strumenti per dire se le affermazioni contenute in questa intervista siano di un coraggioso oppure di un pazzo.
Né so se il libro di Massimiliano Parente, La casta dei radical chic, edito da Newton Compton (mia ex casa editrice), farà discutere o invece verrà sepolto dal silenzio.
Comunque, lo leggerò.
E, non lo nego, un giorno pure a me piacerebbe scrivere un libro contro cortigiani e puttane (in campo editoriale, ovvio, ché io di puttane vere ne ho conosciute quando ho fatto il portiere di notte, in un albergo, e di alcune di loro conservo un buon ricordo).
Ma mi piacerebbe scrivere anche di gente, faccio un solo, Luisito Bianchi, che scrive senza mai chinare il capo, pensando solo a scrivere.
E di persone serie, come Luigi Bernardi (con cui ho a che fare, ora), o come Giulio Mozzi che, a mio avviso, lavorano con serietà e passione (certo, saranno imperfetti pure loro; Mozzi ad esempio a volte fa incazzare, perché non risponde alla mail; è anche vero che è sommerso, credo, dalle mail).
E poi: mi sembra che ci siano realtà editoriali, come Marcos y marcos, come Elliot e altre, degne di attenzione.
In ne scriverei.
Ora come ora non saprei scrivere nulla sui critici: il mercato editoriale, oggi, straripa di titoli nuovi, ogni giorno, impossibile controllarlo, decifrarlo (non penso che D’Orrico legga i libri e autori Fernandel: autori Fernandel che, invece, vengono letti quando diventano Feltrinelli o Guanda).
Scriverei per esempio di case editrici microscopiche, ma serie…
E mi fermo, perché l’argomento è l’intervista di Antonio Prudenzano a Massimilano Parente su Affaritaliani.it.