Racconti a quattro mani, dunque

Racconti a quattro mani.

Possibili partecipanti e possibili accoppiamenti, per ora.

1 – Simonetta Bumbi con Susanna Bonaventura
2 – Piera Ventre (Biancamara) con Nicoletta Buonapace
3 – Morena Fanti con Sonia Sacrato
4 – Francesca E Magni con Luciano Celi
5 – Remo Bassini con Sandra Mastore
6 – Opi (Irene De Sanctis) con Anfiosso
7 – Marta Forno con Anna Maria Curci
8 – Rael (Barbara Delfino) con Dario D’Angelo
9 –
Francesca E. Magni e Andrea Blasina
10 – Roberta Bianchin e Allerta
11 – Cristina Bove e Milvia Comastri

12 –
Euro Carello e Daniele Gouthier

Elena (Caterpillar) con….
Maria Lucia Riccioli con…
Fabrizio Tummolillo con..
Cristina Vezzoli con…
Fausto Marchetti con…
Luigi Castaldi con…
Annalisa Ferrari con…
Melania Ceccarelli con…
Dusca con…
Donatella Righi con…

Allora.
– Un paio di accoppiamenti sono provvisori, attendo insomma il benestare di chi è stato accopiato, diciamo, d’ufficio.
– Facciamo che ci sono ancora dieci giorni di tempo per iscriversi, insomma il 10 luglio dico stop, e chi c’è c’è.
– Per l’invio dei racconti pongo come limite quello del 20 di agosto. E poi si vota.
– Oltre ai partecipanti avrà diritto di voto anche Monia Casagrande, lettrice di questo blog e che mi diede una mano a organizzare la prima edizione; lo farà anche quest’anno; avrà diritto di voto anche la signora “t” (che realizzerà l’e-boook, se lo vorrà; così come avranno diritto di voto altri, che man mano indicherò.
– Ma soprattutto voteranno i partecipanti; daranno sei punti al miglior racconto, cinque al secondo, quattro al terzo, tre al quarto, due al quinto, uno al sesto. I primi sei, come detto, saranno i primi sei a essere impaginati nell’ebook.
– Ricordo che il voto verrà dato al racconto che verrà postato ma senza il nome degli autori (e dal momento che io invece gli autori li conoscerò, sarò l’unico partecipante a non avere diritto di voto).
– Gli autori, insieme al racconto, dovranno inviarmi delle brevi (e ripeto brevi) note biografiche.

Di nuovo il regolamento.

1. Si usa, per comunicare, il mio indirizzo di posta elettronica bassini.remo(chiocciola)gmail.com. I racconti, fatti e finiti, dovranno invece essere inviati a

raccontiaquattromani(chiocciola)gmail.com.

2. Le accoppiate che vogliono partecipare mi scrivano: o qui o a bassini.remo(chiocciola)gmail.com; chi è solo si faccia avanti lo stesso, basta che accetti chiunque come socio.

3. Si può partecipare anche con due, massimo tr racconti: purché con socio diverso.

3. I racconti, che non dovranno superare le 6mila battute, spazi compresi, verranno pubblicati in un primo momento anonimi. Solo io dovrò conoscere i nomi degli autori. I nomi degli autori verranno pubblicati solo dopo la votazione finale.

4. Potranno votare solo i partecipanti e alcuni lettori di questo blog, che renderò noto (la prima è Monia Casagrande, grande lettrice, giovane mamma, insegnante e, a tempo perso, studentesso universitaria). Lo faranno qui, nei commenti, alla luce del sole.
Ogni partecipante (o lettore scelto da me) avrà facoltà di dare 6 punti al miglior racconto, 5 al secondo, 4 al terzo, 3 al quarto, 2 al quinto, 1 al sesto.
Importante: Non si vota solo per uno, o due o tre; o tutti e sei o niente.
Chi non vuole votare è libero di non votare.


5. Non verranno accettati partecipanti anonimi, a meno che non si tratti di blogger che, da anni, sono presenti in rete con un nick ormai noto.

6. Il tema è libero.

7. Ai racconti non verrà fatto nessun editing, quindi rileggete bene, inviate, attendete la pubblicazione.

8. Alla fine, dopo la votazione cioè, i racconti a 4 mani edizione 2010 verranno pubblicati qui, in un’apposita pagina; e verrà anche confezionato anche un e-book (dalla signora “t”).

9. Per iscriversi c’è tempo fino al 10 di luglio.

10. Per l’invio dei racconti c’è tempo fino al venti di agosto.

11. Verranno individuati i migliori sei racconti. Non c’è premio, diciamo che il premio consiste nell’impaginazione dell’e-book e di un mio romanzo, a scelta. I primi sei (gli anni scorsi avevo usato una modalità diversa) verranno impaginati per primi nell’e-book: questo è il premio.

Racconti a quattro mani, terza edizione

Il primo anno andò bene, l’anno scorso un po’ meno: non si arrivò a una classifica finale.
Comunque, terza edizione dei racconti a quattro mani.
1. Si usa, per comunicare, il mio indirizzo di posta elettronica bassini.remo(chiocciola)gmail.com. I racconti, fatti e finiti, dovranno invece essere inviati a raccontiaquattromani(chiocciola)gmail.com.
2. Le accoppiate che vogliono partecipare mi scrivano: o qui o a bassini.remo(chiocciola)gmail.com; chi è solo si faccia avanti lo stesso, basta che accetti chiunque come socio.
(Con socio diverso, si può partecipare anche con più racconti).
3. I racconti, che non dovranno superare le 6mila battute, spazi compresi, verranno pubblicati in un primo momento anonimi. Solo io dovrò conoscere i nomi degli autori. I nomi degli autori verranno pubblicati solo dopo la votazione finale.
4. Potranno votare solo i partecipanti. Lo faranno qui, nei commenti. Non verranno accettati partecipanti anonimi, a meno che non si tratti di blogger che, da anni, sono presenti in rete con un nick ormai noto (e per il voto stessa cosa).
5. Il tema è libero.
6. Ai racconti non verrà fatto nessun editing, quindi rileggete bene, inviate, attendete la pubblicazione.
7. Alla fine, dopo la votazione cioè, i racconti a 4 mani edizione 2010 verranno pubblicati qui, in un’apposita pagina; probabilmente verrà confezionato anche un e-book (la signora “t” mi faccia sapere).
8. Per inviarmi i racconti c’è un mese di tempo, da oggi (odio le regole precise, dal momento che organizzo io mi prendo la libertà di essere, quando voglio, elastico). I racconti comincerò a pubblicarli man mano che arriveranno.
9. Verranno individuati i migliori sei racconti. Non c’è premio, oddio a chi vince posso al massimo regalare un mio libro a scelta se gli interessa o se ancora non ce l’ha. Diciamo che il premio consiste nell’impaginazione dell’e-book. I primi sei (gli anni scorsi avevo usato una modalità diversa) verranno impaginati per primi nell’e-book, punto. Il premio, in buona sostanza, è questo.

Sono andato a memoria, diciamo che questa è una bozza di regolamento.
Poi. Per quanto riguarda il voto vedrò se affiancare ai partecipanti il voto di una giuria, ristretta, di persone che conosco o che mi conoscono. Chi fosse intenzionato a far parte della giuria (è un lavoraccio) mi scriva.
Infine. Io parteciperò ma dal momento che conoscerò il nome degli autori non avrò diritto di voto.
E buona giornata.

DIMENTICAVO: può partecipare chinuque si voglia cimentare seriamente con la scrittura. Nelle passate edizioni hanno partecipato tanto scrittori – ne cito una su tutti: Barbara Garlaschelli – e blogger quanto persone che si son cimentate, per la prima volta o quasi, titubanti. Il bello dei racconti a quattro mani credo sia proprio questo…

Un po’ di link:
– ecco l’e-book realizzato l’anno scorso (quando decisi un filo conduttore, e cioè L’Italia di oggi). L’anno scorso rinuncia alla classifica finale, causa polemiche che non ho nessuna voglia di rispolverare.
– Un vecchio post a caso, della prima edizione.
– Questo è invece l’e-book della prima edizione; i primi due racconti sono impaginati per primi, il terzo e il quarto chiudono l’e-book, il quinto e il sesto stanno in mezzo; quest’anno i primi sei saranno i primi sei.
(La classifica si ferma al sesto, dal settimo in poi regnerà l’eguaglianza, insomma).

il pisciator cortese

La libreria era piena di gente, forse perché pioveva, poi era sabato e cominciava a far freddo.
Ebbe comunque stile, lui (come riportarono i giornali).
Aspettò di non aver nessuno a destra e nessuno a sinistra, aspettò anche, raccontò qualche testimone, che una ragazzina di undici anni uscisse.
Poi, con garbo, coprendo la sua vergogna con le mani protese quasi stesse pregando, pisciò: sui libri accatastati di una certe e precisa casa editrice.
La gente urlò, intervenne la forza pubblica, fu denunciato, il giornale locale che scrisse dell’accaduto ricevette una minaccia di querela dalla libreria e una dalla casa editrice.
Proprio non avete notizie, “giornalai”, disse il titolare della libreria. Avete leso il buon nome dei miei clienti, scrisse invece il legale della casa editrice annaffiata.
Fu denunciato, certo, ma l’attesa del processo gli diede modo di ripetersi, sempre con lo stesso garbo (nessun minore, mani giunte a mo’ di preghiera) in librerie e negli appositi spazi, con tanto di sconto, di supermercati e autogrill. Sempre una pisciata lunga, soddisfacente, per nulla intimorita dalle urla dei clienti, sempre una – scusate se mi ripeto – pisciata di garbo, sempre la stessa casa editrice.
Fece incetta di denunce, però una libraia si innamorò di lui e un paio di case editrici lo contattarono (dopo aver letto – solite minchiate di giornalisti contaballe – che si trattava di uno scrittore che non era stato pubblicato).
Mandò – elegantemente – a stendere i due editori, chiaro di sinistra, e alla libraia confessò, dispiaciuto e con il solito garbo, di essere gay e pure impotente, nonostante avesse un aspetto bello e mascolino (un giornale scrisse che somigliava a un certo attore, scrisse – per evitare noie – proprio così; certo attore), quella però non si diede per vinta e riuscì, non si sa come, a sposarlo lo stesso.
Fu una bella cerimonia, con paparazzi e inviati speciali, ché, lui, ormai, era diventato un caso nazionale.
S’eran formati, come ai tempi dello smemorato di Collegno, due partiti.
Quelli che sostenevano che fosse il piscione vendicatore di altri gruppi editoriali, quelli che invece, subdoli, e fatturato alla mano, sostenevano che il mandante fosse la stessa casa editrice oggetto della minzione.
Comunque. Non si sa, ora, più nulla né di lui né della consorte.
Pum spariti.
Dicon – ma non è certo – che lui sia stato colto da paresi leggendo su un blog, Gli e-book distruggeranno la carta.

Pare che la paresi, anche se non sembra vero, gli sia venuta proprio lì, insomma.

ma sorridendo

Venerdì, due giorni fa. Arrivo al giornale ed è una bella giornata. Anche la sede del giornale è bella, spaziosa, su tre piani, un bel cortile, qualche pianticella ai bord degli otto posti auto, qualche fiore, e c’è un po’ di spazio anche per biciclette.
Che il cortile sia un buon posto lo testimona la presenza quasi costante di una gatta, tograta, sul rossiccio, di un altro cortile; è quasi sempre da noi, anche perché da noi trova sempre, in un angolo del cortile – bontà della segretaria – croccantini e acqua.

Venerdì, due giorni fa: arrivo al giornale, la giornata è bella, son come al solito in ritardo: anche se arrivo in anticipo ho sempre e comunque la sensazione d’essere in ritardo. Telefonate, mail da smistare, gente che deve parlarmi, l’ora della riunione di redazione che s’avvicina, sempre più. Quando venerdì arrivo però, invece di entrare, nonostante la voglia del terzo caffè della giornata, mi fermo: in cortile c’è una giovane madre, avrà trent’anni. Con lei due bimbi, non faccio in tempo a vedere se son maschi o femmine. Uno è sul passeggino, l’altro cammina. E la giovane madre, al bimbo che cammina, sta mostrando una pagina del mio giornale, quella dei morti o delle ricorrenze.
Un anno fa è venuto a mancare.
Due anni fa.
Tre anni fa.
Al bimbo che cammina la giovane madre dice, ma sorridendo: guarda papà, lo vedi?
La giornate è bella, di sole.

E buona domenica

tra i ricordi

due settimane fa ero qui.
a ripensarmi ragazzino, magari con un libro di Salgari o Verne, o Dumas; e a ripensare a Barone, il mio primo cane; lo vidi per la prima volta qui, a venti chilometri da Cortona, nel 1991.
nostalgia canaglia, insomma.
(la quarta foto, la seconda a destra, in basso, è stata scattata dall’interno della casa, dove, da bambino, ascoltavo i racconti di povertà, caccia, malìe…).
(mi spiace non aver fotografato un bel cavallo, che bighellonava e si faceva i fatti suoi).
E’ in questa casa che ho ascoltato i racconti dell’Angiola.
Angiola, ti ricordi che, credo nel 1956, un prete prima mise incinta una donna e poi l’ammazzò, cercando di far credere che fosse annegata in un rio, e ti ricordi Angiola che ci fecero una canzone… Chi la gettò la donna sul rio / fu don Amilcare figlio di Dio…
E certo che mi ricordo…

La provocazione

Due retroscena.
Mi pare fosse il 2006. Allora. A luglio un mio libro, Lo scommettitore, Fernandel, è il libro del mese di Fahrenheit. A gennaio (gennaio?) del 2007 si può votare anche per il libro dell’anno. Ci sono di nuovo, son piazzato bene, mi dicono. Succede un disguido: la mia casa editrice, Fernandel, si dimentica di avvisarmi (credo) che devo andare a Roma, per la trasmissione finale. Mi chiamano da Fahrenheit, il giorno prima (e Sinibaldi mi fa anche una veloce intervista sui libri per ragazzi che ho letto), ma io rispondo che non ce la faccio, insomma: a Roma non ci sarò.
Vince Saviano, con Gomorra, io, non essendo presente, non vengo nemmeno citato. Ascolto la radio, compro Gonorra, mando una mail a Fahrenheit: dove mi complimebnto col vincitore: appunto perché, ascoltando la radio, Gomorra mi sembra un libro rivoluzionario.
Penso sia un buon libro: ma rivoluzionario no.

Poi. Conosco Marco Travaglio dal 1984, mi pare. Per due anni abbiamo seguito i corsi di Storia delle dotrine politiche con Corrado Vivanti, facoltà di Lettere, Torino.
Poi incontro di nuovo Travaglio negli anni Novanta, viene a Vercelli come inviato del Giornal di Indro Montanelli; con lui c’è un altro bravio giornalista, Massimo Novelli, di Repubblica.
Negli anni successivi mi succede spesso di sentirmi con Travaglio. Succede che siamo anche collaboratori per la stessa testata, L’indipendente diretto da(l compianto) Daniele Vimercati.
L’ultima volta che ho sentito Travaglio al telefono è stato tre anni fa, quando lo intervistai per Stilos. Poi qualche mail.
L’anno passato è venuto a Vercelli, Marco Travaglio.
C’era un grande clima di attesa: Marco Travaglio era diventato il Marco Travaglio che si vede in tivù.
Caro Marco, gli scrissi, mi spiace ma non vengo; per me non sei una star televisiva (mi rispose: garbato come sempre).

Dopo la premessa vengo a Gian Paolo Serino. Oggi è on line una sua intervista che in gran parte condivido.
Serve a niente applaudire o Saviano o Travaglio e poi far niente.
Non dico che tutti coloro che applaudono poi fanno niente. Dico che oggi vedo tanta indignazione: che si limita a un click sulla rete.
E dico che quelli che si espongono, ma per davvero, sono davvero pochi.

Ieri Gaetano Vergara (Aitan) ha scritto su Face:
Felice il paese che non ha bisogno di eroi né di santini!
Condivido.

E vi invito a leggere questa intervista a Serino.
Buona giornata

La pioggia

Ogni tanto, nel vecchio blog, postavo o una poesia o un brano di una canzone.
Questa poesia, che mi è arrivata per posta elettronica, la dedico a chi me l’ha inviata…

LA PIOGGIA
Jorge Luis Borges

Bruscamente la sera si è schiarita
perché già cade la pioggia minuziosa.
Cade o è caduta.
La pioggia è una cosa
che senza dubbio succede nel passato.
Chi la sente cadere ha recuperato
il tempo in cui la sorte fortunata
gli rivelò un fiore chiamato rosa
e lo strano colore del rosso.
Questa pioggia che acceca i vetri
rallegrerà in sperdute periferie
le nere uve di una pergola in un
patio che non esiste più. La bagnata
sera mi porta la voce, la voce desiderata,
di mio padre che ritorna e che non è morto.

Il contatore

Un mattino presto di nebbia di alcuni mesi fa son salito su un treno, poi, arrivato a una stazione, son salito su un taxi, poi, dopo due ore, son risalito prima sul taxi e poi sul treno e la sera son rincasato. Dovevo fare quel viaggio, dovevo respirare quelle due ore, che alla fin fine si son tradotte e ristrette in pochi minuti.
Ciao come stai?
Bene, tu?
Me li porto dentro, ora, quei cinque minuti.

E’ che dovremmo pensare più spesso che, camminando impettiti, abbiamo comunque un contatore invisibile: meno 32mila e 56, meno due: due giorni.
Meno insomma.
Se camminando, almeno qualche volta, pensi al contatore poi fai cose, cose che contano.

son cinco minutos la vida es eterna en cinco minutos

il colore delle ciliegie

Ho la connessione che viene e va, sarò veloce, sperando di riuscire a finire questo post.
Ho conosciuto Angiola, si scrive così ma si pronuncia con l’accento sulla o.
Angiola, 88 anni, era amica di mia madre. Mi ha raccontato e quel che mi ha raccontato mi servirà per meglio definire e completare il libro che sto e devo definire, Di bestemmie e folli amori.

Ha fatto solo la terza elementare, Angiola, ma si esprime come una persona colta, sarà perché legge, segue tutto, poi guarda la televisione, legge i giornali.
E ride Angiola, ride spesso, anche tra sé e sé.
Ha quasi novant’anni ma ne dimostra settanta, forse meno. E’ ben curata, fuma, “ma solo da quarant’anni” dice ridendo, “da quando ‘l mi povero marito mi disse di provare”.
Mi hanno raccontato che Angiola, spesso, porge il braccio a delle vecchiette, amiche sue, che fan fatica a camminare, le accompagna al mercato, o al macello: vecchiette e amiche sue che hanno chi dieci chi quindici anni di più.
Angiola sembra averla fatta al tempo.
Mi racconta della sua vita, mentre, col mattarello, prepara la sfoglia della pasta (diventeranno tagliatelle).
E mi racconta della povertà e della mezzadria, tempi lontani, insomma.
“Di quando il pane si chiudeva a chiave, che ce n’era poco e si doveva fare durare”.
Poi mi racconta delle sue amiche, ragazze contadine come lei. Si vedevano la domenica, a messa, o quando c’era il raccolto del grano. O a un funerale.
Mi dice i loro nomi, ma si confonde Angiola: … magari è morta, … quella sì mi sembra che si risposò…
Sono ombre i ricordi dei volti, anche cari.
Son nitidi, invece, i ricordi.
Il grande ciliegio, per esempio.
Pieno di ciliegie mature. Rosse come la voglia di assaggiarne una.
Ma il babbo mi disse che non si poteva, prima bisognava portarle al padrone, dice.
Ma sorride.
Poi fuma una sigaretta.
Che dici, alla mia età mi fa male fumare?

il panino con la frittata


Avremo litigato cento volte, mandandoci a quel paese e anche oltre quel paese: pezzo di cornuto, pezzo di merda, stronzo; io a lui e lui a me, per mesi, anni.
Litigavamo per questioni sindacali, io e Angelo.
Lui, tra i cinquanta e i sessant’anni, faccia rugosa e abbronzata, la marlboro sempre penzoloni sulle labbra, salernitano, era il rappresentante sindacale della Cgil.
Io, poco più che ventenne, della Cisl.
Io ero per la lotta dura e senza paura. Lui anche. Però certe volte non gli andava di fare sciopero, e io mi incacchiavo, però spesso e volentieri faceva straordinari, e io gli dicevo che non doveva, che dovevamo costringere la fabbrica a fare nuove assunzioni, eccetera.
Io poi – erano gli anni Ottanta – avevo la fissa della riduzione di orario, quindi.
Lavoravamo insieme, stesso reparto, magazzino, io e Angelo.
Se non ci eravamo mandati a quel paese, spesso andavamo a prendere il caffè insieme, alla macchinetta. Offrivo io, lui mi dava una sigaretta. A volte ci raggiungeva uno dei suoi due figli, che, per la verità, non erano suoi figli ma era come se lo fossero.
Mi spiego: Angelo viveva con una donna che aveva avuto figli da una precedente relazione; ma quei ragazzi, anche se non portavano il suo stesso cognome, lo consideravano il proprio padre. Insomma, stravedevano per lui.
Un po’ anche io stravedevo per lui: era generoso e buono.
Certo, anche attaccabrighe e un po’ testa-di-minchia (a mio modo di vedere, ovvio).

Succede che un sabato mattina sono talmente a corto di soldi che pure io accetto di fare cinque ore di straordinari. Dalle 7 alle 12.
C’è anche lui (ti pareva), Angelo.
Ci sono, ma in altri reparti (ti pareva), anche due suoi figli.
Lavoriamo, scambiandoci meno parole possibile.
Tra le 10 e le 11 ci concediamo un quarto d’ora di pausa, tra gli scatoloni.
Ci raggiungono i suoi due figli.
Angelo, dal tascapane tira fuori tre panini, che porge a me e ai suoi due figli.
Sono con la frittata e la mozzarella, dice, tirando fuori anche una bottiglia con del vino.
Io mi sento in imbarazzo, e in effetti provo a dire che no, non ho fame…
Mangia stronzo, mi dice Angelo, che, improvvisamente, si alza e se ne va.
Mi lascia insomma col panino in mano e con i suoi figli che non sono figli suoi ma son come se lo fossero figli suoi che, un po’ sornioni, mi guardano e mi dicono: E mangia no?
Era chiaro: stavo mangiando (ero a disagio ma quel panino era davvero buono)  il panino di Angelo.

Le persi di vista, quando lasciai la fabbrica.
Quando mi dissero che era morto ripensai a quel panino con la frittata, avvolto in un tovagliolo.
(Da allora adoro i panini con la frittata e la mozzarella; buoni come quello, però, non mi è più successo di mangiarne).

fatica

A volte parlo, anche in pubblico, anche tanto, ma non amo parlare e, sinceramente, uno dei piaceri più grandi che provo lo provo quando cammino, solo, e non c’è nessuno. Magari di notte.
Spesso scrivo.
Quando posso leggo.

Son giorni questi in cui parlo poco, scrivo niente di niente di niente, leggo poco.
Ho faticato a scrivere. Vado a leggere, ora: ma non i giornali, ché mi incazzo e basta.
Ho buoni libri, per fortuna, dietro.