Ho la connessione che viene e va, sarò veloce, sperando di riuscire a finire questo post.
Ho conosciuto Angiola, si scrive così ma si pronuncia con l’accento sulla o.
Angiola, 88 anni, era amica di mia madre. Mi ha raccontato e quel che mi ha raccontato mi servirà per meglio definire e completare il libro che sto e devo definire, Di bestemmie e folli amori.
Ha fatto solo la terza elementare, Angiola, ma si esprime come una persona colta, sarà perché legge, segue tutto, poi guarda la televisione, legge i giornali.
E ride Angiola, ride spesso, anche tra sé e sé.
Ha quasi novant’anni ma ne dimostra settanta, forse meno. E’ ben curata, fuma, “ma solo da quarant’anni” dice ridendo, “da quando ‘l mi povero marito mi disse di provare”.
Mi hanno raccontato che Angiola, spesso, porge il braccio a delle vecchiette, amiche sue, che fan fatica a camminare, le accompagna al mercato, o al macello: vecchiette e amiche sue che hanno chi dieci chi quindici anni di più.
Angiola sembra averla fatta al tempo.
Mi racconta della sua vita, mentre, col mattarello, prepara la sfoglia della pasta (diventeranno tagliatelle).
E mi racconta della povertà e della mezzadria, tempi lontani, insomma.
“Di quando il pane si chiudeva a chiave, che ce n’era poco e si doveva fare durare”.
Poi mi racconta delle sue amiche, ragazze contadine come lei. Si vedevano la domenica, a messa, o quando c’era il raccolto del grano. O a un funerale.
Mi dice i loro nomi, ma si confonde Angiola: … magari è morta, … quella sì mi sembra che si risposò…
Sono ombre i ricordi dei volti, anche cari.
Son nitidi, invece, i ricordi.
Il grande ciliegio, per esempio.
Pieno di ciliegie mature. Rosse come la voglia di assaggiarne una.
Ma il babbo mi disse che non si poteva, prima bisognava portarle al padrone, dice.
Ma sorride.
Poi fuma una sigaretta.
Che dici, alla mia età mi fa male fumare?