Mi son ricordato di lei quando ho visto la sua foto. Mi son ricordato d’aver incrociato il suo sorriso in una strada del centro che percorro ogni mattina per andare in redazione.
Si è uccisa, impiccandosi, una settimana fa.
Come mai s’ammazzina una ragazza albanese, che andava bene al liceo, che era carina, che era attaccata alla famiglia, che era ben voluta, ma per davvero, dalle compagne di classe?
La città, in questi casi e come sempre, mormora.
Forse voleva tornare in Albania forse aveva paura di tornarci.
Forse si è uccisa perché pensava di aver deluso qualcuno.
(La famiglia, di sicuro, si stava interrogando su che fare: il padre, veterinario in Albania, e che qui a Vercelli aveva trovato lavoro come operaio, avendo perso il posto aveva pensato di tornare, e così aveva fatto, lui solo in Albania.
L’Italia non era la terra promessa che lui immaginava).
Prima di uccidersi, comunque, si è truccata e si è ben vestita. E poi, prima di salire sul letto del padre e della madre per dare addio alla vita, si è tolta le scarpe, ché non si sporcano coperte e lenzuola.
(Aveva sedici anni, ne stava per compiere diciassette, era già donna; ma io ho fatto questo titolo sul mio giornale, una settimana fa: Che hai fatto piccolo Eda?).