Allora, sto leggendo il libro E’ facile smettere di fumare (se sai come farlo). Prime trenta pagine.
Son due mesi che l’ho comprato, ché lo so mica, io, se voglio per davvero smettere di fumare.
Fumare è al contempo piacevole e stupido, molto stupido.
Chi fuma lo sa bene e cerca consolazioni: Tizio è morto e non ha mai toccato una sigaretta.
Oddio, il fumo farà male, e va bene dirlo, ma che faccia anche male il fumo delle marmitte delle non si dice, o comunque: nessuno farà scrivere sulle auto che nuocciono gravemente alla salute.
Torniamo al fumo e al libro, anche.
Avrei preferito leggere un libro intolato Come fumare poco e con gusto (io fumo di tutto: sigari, sigarette, a volte la pipa; avrò smesso 10 volte, la cosa più furba che mi riuscì di fare risale a una quindicina d’anni fa: per qualche mese riuscii a fumare, e con piacere, o una sigaretta o un sigaro ogni due ore).
Comunque.
La prima volta che fumai non fumai una sigaretta, ma due, una di seguito all’altra. Erano due windsor. Avevo dodici anni.
Mi avevano detto, Ti girerà la testa, non ti piacerà: macché. Quella sera, addormentandomi, ripensavo al gusto di quelle due sigarette. Insomma, sono un tabagista grave.
Quel giorno d’inverno che fumai per la prima volta non ero solo. Un mio amico, di undici anni, mi portò in un posto al fiume Sesia, dove non ci avrebbe visto nessuno. Le sigarette erano sue.
Il padre di questo ragazzo è morto di cancro ai polmoni, lui, invece fumava 80 anche 100 sigarette al giorno: fino a qualche mese fa.
Lo sento al telefono e gli dico: quante ne fumi?
Ho smesso, mi dice.
Minchia. E come hai fatto?
Ho letto il libro…
Ah.
Tra le persone che conosco non è l’unico che ha leto il libro e che smesso. Ora lo leggo e poi vi dico.
Da un lato vorrei smettere. Dall’altro so che non vorrei privarmi del rito della prima sigaretta, la più buona, la più velenosa, al mattino dopo il primo caffè; e del rito di scrivere in una stanza piena di fumo di sigari o sigarette (solitamente: sigari quando scrivo, sigarette nelle fase più noiosa e importante, della riscrittura).
Ho già smesso altre volte, dicevo. Anche per un anno di seguito.
Una domenica mattina di quell’anno senza fumo mi ritrovo a camminare per la città. Avevo come al solito la testa tra le nuvole ma, camminando, mi stavo rendendo conto che non stavo andando né verso casa, né verso il giornale, né verso una delle mie solite destinazioni. Perché percorrevo strade che mi avrebbero portato in periferia? Perché stavo inseguendo il profumo di unsigaro che qualcuno stava fumando, davanti a me.
Stamani mi son detto. Leggo sto cavolo di libro e smetto per vent’anni. Quando avrò settantatré anni ricomincio. Mio nonno è morto a 89 anni prtaticamente col sigaro tra le labbra.