Sì, io lo scrittore a tempo pieno lo farei.
Vivere di scrittura, però: quanta gente ci riesce?
Sul blog di Loredana Lipperini c’è stata questa interessante discussione.
Estrapolo dal post la cosa che più mi è piaciuta. Questa.
(Son cose scritte da Raffaella De Santis e Dario Pappalardo per Repubblica)
C´è chi un mestiere non vuole proprio abbandonarlo. È il caso di Cristiano Cavina, che racconta la provincia emiliano-romagnola dove vive in romanzi come Nel paese di Tolintesàc (Marcos y Marcos), 30 mila copie vendute. «Se mi chiedono che lavoro faccio, dico il pizzaiolo», spiega. «Eppure con un libro ogni due anni riuscirei a vivere, soprattutto se accettassi anche altri lavori che rifiuto: articoli e sceneggiature. Per ogni titolo prendo un anticipo di 40 mila euro, poi ci sono gli incontri: ogni partecipazione mi viene pagata 300 euro, ma nelle scuole e nelle librerie degli amici vado gratis. Però non abbandonerei mai il mio posto al forno della pizzeria. Diventerei un pallone gonfiato. Per me è importante ricordarmi da dove vengo. Vivo ancora in affitto nell´appartamento delle case popolari dove sono nato. Gli aiuti agli scrittori? Non mi piacerebbe che lo Stato ci aiutasse. Lavorare davvero è più utile».
Tra i commenti, invece, scelgo questo di Valerio Evangelisti.
Conduco una vita soddisfacente, non mi manca nulla. Mi definirei benestante. Certo, bisogna scrivere molto e sempre. Sono altrettanto importanti, naturalmente, la forza dell’editore, le capacità dell’agente letterario, il tipo di narrativa cui ci si dedica, ecc.
Mi stupiscono le lamentazioni di alcuni miei colleghi, molto più famosi di me e tradotti in tutto il mondo. Forse hanno bisogni superiori a quelli che ho io. O, più semplicemente, dicono bugie.
Torno a me, alla mia frase: Potessi, vivrei di scrittura.
Lo farei, in primo luogo, per avere quel tempo che ora non ho. Ora lavoro dieci, a volte otto ma a volte dodici ore al giorno, e il tempo che mi resta per leggere libri, studiare, leggere manoscritti, scrivere è poco. Lo ricavo di notte, ché sono abituato a dormire poco, cinque ore mi bastano e avanzano, lo ricavo dai festivi, dalle ferie.
Quanto vorrei guadagnare, io.
Quanta guadagna un operaio metalmeccanico. Quando lo ero per davvero, metalmeccanico, punto primo facevo un lavoro che mi sottraeva più tempo di adesso e, punto secondo, facevo un lavoro che non mi piaceva.
La fabbrica può piacerti un mese, due, sei, poi l’alienazione la senti scorrere nelle tue vene, e non c’è bisogno di leggere Sartre per capirla.
Guadagnassi 1300 euro al mese scrivendo magari farei altro per arrotondare, lavori umili, mica intellettuali.
La mia scrittura ha bisogno di essere a contatto con la vita, i posti di lavoro, i bar, i treni, le sale d’aspetto; e le biblioteche, anche.