Piove, e quando piove ripenso a Lilli, che è stata la mia prima gatta, la mia gatta portafortuna, tutta nera, che mi faceva bestemmiare di notte, solo di notte quando studiavo, erano i primi anni ottanta, e, per tenermi sveglio, andavo avanti a caffè, marlboro e patatine fonzie che lo so, certo che lo so, fanno male, ma le marlboro no?, e comunque Lilli appena sentiva che aprivo un pacchetto di fonzie mi saltava in braccio e miagolava, e io dividevo con lei, però una notte ero di fretta – doveva studiare e poi dormire almeno due ore, che poi sarei salito sul solito treno Vercelli-Torino Porta Susa per andare a sostenere un esame – e così le dissi, basta, e poi le dissi esci, ma dal momento che non mi dava retta la misi fuori sul balcone, e infine, chiusi forte, troppo forte, e il vetro della portafinestra si ruppe, merda, però non andò in frantumi, comunque dovetti perdere del tempo a mettere un po’ di scoth.
La faccio breve. Ha vissuto più di vent’anni, Lilli (nonostante i fonzie). Certi giorni di pioggia vado ancora – siam fatti strani, ci attacchiamo a certe abitudini, va a sapere perché – dove la seppellimo, avvolta in un sacco, io e mia figlia Sonia, e la saluto, Ciao Lilli, dico, poi vado. Anche quel giorno pioveva.
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