Racconto triste

 

Anni fa. Ogni sabato andavo a giocare la schedina del totocalcio. Ero bravo a giocarla, ho collezionato un bel po’ di 12. La giocavo sul posto, che era anche un bar. Quel tardo pomeriggio di un sabato di sole, dopo averla compilata e dopo aver pagato uscii e mi avvicinai alla macchina.

«Scusi».

Era un uomo più grande di me (io ero sui 40, lui ne aveva almeno 10 di più). Mi colpì il suo sorriso, era il sorriso di un uomo buono ma, pensai, c’è dell’altro. «Mi scusi» disse ancora, «mi darebbe un pasaggio? Non abito lontano». A pelle quell’uomo mi piaceva e quindi, istintivamente dissi di sì per poi pentirmene appena l’uomo si accomodò nella mia Y10: puzzava tantissimo d’alcol, ed erano solo le sei di pomeriggio.

Non abitava lontano. Nel breve tragitto, poco più di cinque minuti, quell’uomo volle raccontarmi di sé. Era un impiegato, un cosiddetto “quadro”, e si era separato da poco dalla moglie perché, così mi raccontò, aveva scoperto che lo tradiva, da anni. Mi disse ancora che non sapeva se gli faceva più male il tradimento o la finzione, «adesso vivo con una ballerina cubana, lei di notte esce e va a letto con chi le pare, ma almeno non mi prende in giro».

Eravamo arrivati. La ballerina cubana ci stava guardando dalla finestra. Ricordo che era vestita di nero, che aveva i capelli neri e che ci guardava con un’aria annoiata. Lui, indicandomela, mi domandò (non ricordo le parole esatte) se volevo salire, «magari le piaci».

La sera raccontai quelo che mi era successo ad alcuni amici. «Voleva farti trombare la sua cubana» disse uno di loro, ridendo.

Non raccontai più, non lo rividi più.

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