I colori, per scrivere

Vercelli, il fiume Sesia, Due sture, il Monferrato, Torino. Poi Orta e la Valsesia.
Borgio Verezzi, Varigotti, Boccadasse, Genova, Vernazza.
Bologna. Sermide. Follonica e Scarlino. Cortona. Firenze, Roma. Il Salento.

I miei luoghi.

Prendiamo Due Sture, frazione di Morano Po, poco lontano da casa mia. Un centro semidisabitato. Con vecchie case e case in vendita. C’è un’osteria, lì.
In quell’osteria sono transitati i personaggi de Lo scommettitore (primo capitolo) e de La donna di picche (nel finale).

I miei libri hanno bisogno dei miei occhi che ricordino i colori. Nel giallo Vegan, le città di Dio, c’è Narbonne, cittadina francese in cui ho trascorso le ferie. E ci sono spesso, nei miei libri, le nebbie del Piemonte, il mare della Liguria e il verde dei dintorni di Cortona.

Ora no, non c’è nulla. Non vedo colori. Nemmeno la nebbia, che ha un colore forte, unico.

Ultimo libro scritto: La suora. Scritto nell’ultimo lockdown. Il protagonista ha la testa rivolta verso Orta e il suoi lago, per motivi sentimentali, e vero la Valsesia. Durante il coprofuoco notturno rimpiange le vette innevate dei monti, il verde dei pini. Degli aceri.

Ma, ripeto, ora non ci sono colori.