Auto intervista (che credo sincera)

Domanda a bruciapelo: lo scrittore che più ami. Il migliore, per te.
Pirandello.

Il tuo piatto preferito?
Insalata di pomodori conditi con cipolle, sedano e soprattutto olio di oliva di Cortona.

Dove vorresti vivere?
Davanti al mare. Puglia o Liguria non importa.

E se fossi costretto a vivere in una città?
Firenze.

Remo Bassini, sono più di vent’anni che scrivi. Fanucci, Newton Compton, ma soprattutto tanta piccola editoria. Avrai passato notti a scrivere, leggere, roderti. Altra domanda a bruciapelo. Ne è valsa la pena?
Fino a tre anni fa dicevo che sì, ne valeva la pena, perché scrivere per me è come respirare, così dicevo; adesso non so, non lo so più, ecco.

Tutto perché non hai sfondato? Da Fanucci, che è un signor editore, a Golem, che è piccolo piccolo..
No, non c’entrano i riconoscimenti (che poi con Golem ne ho ottenuti: un primo posto ex equo al Premio internazionale città di Cattolica, o un terzo al prestigioso Premio Monti), e non c’entrano le vendite, il mondo dell’editoria…

E quindi? Una sera all’improvviso ti è passata la voglia di scrivere così, senza un perché?
No, il perché c’è. Ascoltami. Quando uno scrive ha in mente dei lettori. Purtroppo quel che è successo nei due anni di Covid me li ha portati via…

In che senso? Puoi spiegarmi meglio?
Prendiamo il Green pass. Un sabato sera passando davanti a un negozio sento una signora che urla al telefono: Chi non ha il Green pass a casa mia non mette piede. Prendiamo il vaccino: sulla bacheca facebook di uno di sinistra che conosco lessi: Calci in culo a chi non si vaccina. Prendiamo ora alcuni esaltati novax che arrivano quasi ad augurarsi che gli effetti avversi del vaccino aumentino sempre più… ecco… non trovo più i miei lettori. I miei lettori non odiavano, non sapevano odiare. Non giudicavano.

Però proprio durante il primo lockdown hai scritto La suora…
La suora è un libro contro quel clima. Una sera, mentre passeggiavo col cane in una città morta, mi feci una domanda: dove vorresti essere tu, ora? Mi venne in mente Orta e il suo lago; così tornai a casa e invece di guardare facebook o di leggere i giornali online mi misi a scrivere. Si stava meglio a Orta, anche se era inverno, e la suora fu un’apparizione… a volte penso che Nora o suor Beatrice sia reale e che viva davvero nell’isola di San Giulio… Tutto qui.

Ho capito, intervista finita?
Ma no, possiamo continuare, parlare del passato per esempio. Magari della buona piccola editoria, come I Buoni cugini del mio amico Ivo Tiberio Ginevra (che mi ha pubblicato “Il bar delle voci rubate”), oppure come Perdisa Pop, bellissima esperienza con Luigi Bernardi e con Alberto Perdisa, editore galantuomo.

E Fanucci?
Mi ha pubblicato due libri (“La notte del Santo” e “La donna di picche”) credendo in me. Non posso che dirne bene. La mail che Fanucci mi inviò dopo aver letto la bozza de “La donna di picche” prima o poi la incornicio.

Nel tuo blog citi spesso Giulio Mozzi.
Nel 2003 e negli anni successivi mi svegliavo al mattino, preparavo la moka, poi mi piazzavo davanti al pc. Prima leggevo la posta elettronica e poi il blog di Mozzi. Leggevo, rileggevo, imparavo. Mozzi è un grande… Sai che invidiavo quelli che pubblicavano con lui, alla Sironi? E il bello è che non gli inviai nemmeno un manoscritto, allora.

Ma la tua stagione migliore la vivesti quando pubblicasti Lo scommettitore, con Fernandel, giusto?
Giusto. Recensioni, interviste. La Newton Compton che mi chiede di scrivere un libro. E comunque: se vissi un periodo d’oro lo debboca Radio Rai 3 e alla trasmissione Fahrenheit, diretta allora da Marino Sinibaldi. “Lo scommettitore” fu il libro del mese a luglio 2006, e finalista del libro dell’anno… certo, feci una cazzata…

Quale?
Non mi presentai alla trasmissione finale del libro dell’anno di Fahrenheit, a Roma, alla Feltrinelli di Piazza Colonna. Vinse Saviano. Non andai e (giustamente) non fui citato in trasmissione.

Dì la verità: ti rode di non essere diventato un grande scrittore?
Forse sì e forse no. Sai, ho in mente una persona… non importa se uomo o se donna. Aveva pubblicato un libro di successo, che era stato tradotto e che era diventato un film, un bel film. Eravamo sotto i portici di una grande città, parlavamo, pioveva. Mi disse: Da nove mesi non mi cerca più nessuno… Stavo per rispondere: a me succede da una vita…

E quindi?
E quindi quegli scrittori che vivono soprattutto per avere successo sono degli infelici, mi è venuto di pensare quel giorno…

Ma avrai conosciuto scrittori felici?
Sì, magari poco noti. Però sai…

Sì…
In parte l’infelicità degli scrittori è comprensibile. Quando metti al primo posto la scrittura e dalla scrittura ricevi solo maldipancia non puoi che vivere male.

Ci sarà qualcosa di bello nella scrittura…
Sì. Scrivere. Il momento della scrittura.

Dopo il diploma hai fatto l’operaio, poi ti sei rimesso a studiare e ti sei laureato, poi hai vissuto facendo il giornalista e lo scrittore. Domanda: se la scrittura non avesse fatto parte della tua vita, cosa avrebbe voluto fare ed essere Remo Bassini?
L’allenatore di calcio, sono un patito degli schemi, di tattica. Oppure no, mi sarebbe piaciuto insegnare, magari italiano e storia alle scuole medie, e nel tempo libero allenare una piccola squadra di paese. Un paese di mare, naturalmente…

Sbaglio, o tu tendi un po’ alla depressione?
Non sbagli, è una compagna fedele, purtroppo.

Stai meglio quando scrivi?
Forse sì, di sicuro smetto di stare bene alla fine, quando cerco di piazzare il manoscritto e aspetto la telefonata o la mail che non arriva.

Non puoi lamentarti, di telefonate o mail ne hai ricevute.
Hai ragione. Magari dopo tre quattro anni aver finito un libro, ma ne ho ricevute, sempre. Quello che ho scritto è stato sempre pubblicato, ed è un miracolo…

Perché?
Perché mando sempre delle bozze da rivedere e che rivedo poi cento volte prima della pubblicazione.

Hai scritto ancora, ultimamente?
Sì, un libro per la gente che ama ascoltare le storie. Senza odiare.

Titolo?
Il sentiero dei papaveri, che uscirà a febbraio 2024 sempre con Golem.

No aspetta, racconta qualcosa su di te (so che non ami andare sul personale) che non hai mai raccontato.
Amo il mare, vivrei in un paese di mare. Ma non sopporto la gente in spiaggia. Il mare mi piace quando piove, mi piace al mattino presto o la sera, quando gli ombrelloni sono chiusi. E mi piace anche la montagna, ma non programmo mai una camminata, anche perché sono pigro, anche perché a me piace camminare di notte. Poi c’è la città, ecco in città io sogno d’essere al mare, o davanti al lago d’Orta, o su un sentiero della Valsesia. Delle città mi piacciono i bar, le chiese quando non ci sono preti e messe, e le stazioni. A volte, mentre mi addormento mi vedo che sono alla stazione di Vercelli; sto salendo su un treno, per dove, però, non so.

A proposito di presentazioni

Non mi piace parlare in pubblico – anche se l’avrò fatto almeno cento volte – non mi piacciono le presentazioni dei libri. Però le faccio. Le faccio soprattutto quando mi trovo bene con la casa editrice che mi ha pubblicato, investendo su di me.
Le piccole case editrici fanno fatica a sopravvivere, parecchie aprono con entusiasmo e poi chiudono perché non ce la fanno.
Precisazione: a piccole case editrici do per scontato e sottinteso l’aggettivo “serie”.
Esempio di casa editrice senza questo aggettivo.
Si manda un manoscritto e ti rispondono che è ok, l’hanno letto, lo pubblicheranno. Ma visti i tempi che corrono ti chiedono di acquistare magari 200 copie a prezzo scontato…
E le altre che invece non chiedono nulla per assorbire i costi (stampa, telefono, ufficio stampa, editing eccetera) o che addirittura ti danno anche un piccolo anticipo (a me è successo, con Perdisa)?

Ho presentato La suora – Golem editore – tre volte, per ora: a Vercelli (1) al Circolo dei lettori, Torino (2), alla biblioteca di Cigliano, a 30 chilometri da Vercelli (3).

Poi. Firmacopie sempre a Vercelli, quando è uscito. Tre presentazioni online (Mondadori di Alessandria, Anticorpi letterari, diretta instagram: Set con l’autore).
Prossima presentazione, mercoledì 11 a Torino, ore 18, sarò ospite di Trama, in via Mazzini 44, per Eventi Feltrinelli.
E più in là, forse una presentazione a Firenze più varie ed eventuali.

Sulle presentazioni, ancora due cose.
Confermo, le faccio malvolentieri ma ce ne sono state alcune (a Sermide, per esempio, oppure a Bologna con Luigi Bernardi) che non dimenticherò. Contento, insomma, d’averle fatte.
E non mi spiacerebbe presentare La suora nei luoghi in cui è ambientata, Orta soprattutto (vedi foto sotto).
Le più belle? Solitamente nelle biblioteche, con un po’ di gente ma non tantissima: meno gente c’è e più c’è dialogo, magari al termine. Certo, si vende qualche copia in meno…

i miei libri: il punto

E’ confermato, dunque: il 9 novembre esce il mio sesto romanzo, Vicolo del precipizio, con Perdisa. Sono contento di uscire di nuovo con Peridisa (a cui sono approdato grazie a Luigi Bernardi),  meglio un piccolo editore serio che uno medio grande ma menefreghista. Mai avuto, io, la fregola di pubblicare con l’editoria nota e potente (quella più distribuita, quella che ti fa guadagnare di più, quella che ti fa ottenere qualche recensione in più).
L’editore più grande con cui ho pubblicato è stato Newton Compton. Mi contattarono loro, avevo scritto Lo scommettitore (che, pubblicato da Fernandel, era diventato il libro del mese a Fahrenheit nell’agosto 2006 e che fu anche finalista per il libro dell’anno Fahrenheit) e sul mio blog avevo annunciato che stavo scrivendo un altro libro, La donna che parlava con i morti.
La Newton mi chiese la sinossi e un capitolo, dopodiché mi proposero un contratto. Dissi di sì a loro e ignorai altre possibilità: la Newton era stata la prima a farsi avanti e io diedi la precedenza alla casa editrice di Raffaello Avanzini.
(Non solo: La donna che parlava con i morti io l’avevo già proposta agli editori con cui avevo già pubblicato, cioè Mursia e Fernandel, appunto perché non vado alla ricerca spasmodica della grande editoria; dallo sguardo “a entusiasmo zero” dei miei interlocutori avevo però capito che era meglio battere ad altre porte).
A novembre, quindi, esce Vicolo del precipizio, il prossimo anno, invece, dovrebbe uscire un’antologia della Marcos y marcos con otto racconti noir (e uno degli otto è il mio) ambientati a Milano e dai quali verranno tratti dei cortometraggi. E con i racconti Marcos y marcos proporrà il cd dei cortometraggi (forse un cofanetto), che prima verrà trasmesso da Sky.
Il progetto è partito da alcuni giovani registi milanesi.
Intanto devo scrivere due racconti per due antologie e procedere con un altro romanzo, il settimo.
La situazioni dei miei libri è comunque questa.
Il quaderno delle voci rubate, che fu pubblicato nel 2002 dal giornale La Sesia (allora ero giornalista, ora lo dirigo) è fuori commercio. Il romanzo, che ebbe una diffusione solo locale, è in lettura da alcuni editori, per una ristampa.
So che la mia agente lo ha proposto anche ad editori stranieri. Vedremo.
Lo scommettitore, pubblicato da Fernandel nel 2006, si trova ancora: basta scrivere alla casa editrice.
Dicono di Clelia, Mursia 2006, stessa cosa; credo che Dicono di Clelia sia il mio libro andato peggio. Poche recensioni, poche vendite. E’ in vebndita su Ibs.
La donna che parlava con i morti, Newton Cmpton 2007, è fuori catalogo e io sono rientrato in possesso dei diritti del libro. Per ora è al vaglio di Perdisa per una eventuale ristampa nel 2012.
Tamarri, raccolta di racconti (molti dei quali già comparsi in rete) pubblicati da Historica è ancora in vendita su Ibs.
Bastardo posto, Perdisa Pop 2010, è ancora in circolazione; in libreria si trova poco, la casa editrice comunque ha ancora copie; e a luglio farò un’altra presentazione, a Torino.
Il monastero della risaia, racconto lungo pubblicato da SenzaPatria, è ancora reperibile: in qualche libreria, su Ibs.
E adesso è quasi tempo di editing per Vicolo del precipizio, libro strano, questo. Il protagonista è un editor che lavora per un agente letterario e che insegue i ricordi suoi e della sua famiglia, in quel di Cortona, che è il mio paese. Alcuni ricordi sono boccacceschi, i richiami all’editoria, invece, hanno il sapore dell’invettiva. In pratica: il mio protagonista dice dell’editoria quello che ho sempre pensato e detto, in questo blog.
Ma il punto di partenza vero è stato il quaderno di mia madre.

Perdisa, plagi, Toscana

Mursia, Fernandel, Newton Compton, Perdisa (ma anche Historica e Senzapatria):
Insomma, per ogni libro ho avuto un editore diverso.
Stavolta, salvo varie ed eventuali, però mi fermo con Perdisa: e il 9 novembre di quest’anno è in programma l’uscita di Vicolo del precipizio.

Poi.
Cose brutte che avvengono in rete: i plagi.
E’ successo alla mia cara amica Lucia Marchitto.
Leggete qua.

Infine.
Io ho sempre sostenuto, ma a lume di naso, che in Toscana si viva di più e meglio.
Oggi lo dice anche Il Corriere.it

Veronica, e le strade che si incrociano

Io conosco un po’ Giulio Mozzi (e dico la verità: per diverso tempo ho sperato che Mozzi diventasse il punto di riferimento che adesso ho e che si chiama Luigi Bernardi) e un po’ di più conosco Marco Travaglio: compagni di università alle lezioni di Corrado Vivanti, poi le nostre strade si sono incrociate negli anni 90, quando lui venne a Vercelli inviato dal Giornale di Montanelli, e successivamente, quando collaborammo entrambi per L’Indipendente di Daniele Vimercati. Ci sentiamo ancora, ma sempre meno, ovvio…
(Dimenticavo: ha scritto anche la post fazione del mio libro, Lo scommettitore).
E poi c’è lei, Veronica Tomassini, della quale sentii parlare anni fa, un’amica in comune, la signora T. mi disse: Conosco una scrittrice siciliana brava, ma non so come aiutarla.
A questa amica (che ne parlò anche con don Luisito Bianchi) dissi: Mozzi…
Infatti le strade di Mozzi e di Veronica erano destinate a in crociarsi, fra loro eanche con quella di Travaglio).
Allora, Veronica Tomassini.
Ha pubblicato Sangue di cane, per Laurana.
E io l’ho citata nel post Gabbiani, Strega, piccoli editori.
Ci conosciamo grazie a Facebook io e Veronica: qualche scambio di messaggi, di reciproca stima.
Oggi (se non sbaglio) Veronica è intervenuta per la prima volta qui.
Spiegando e dicendo “cose importanti” mi pare.

ciao Remo,
in effetti uno scrittore dovrebbe guardare oltre, manifestare innocenza, purezza e repulsione infine per certa gloria egocentrismo eccetera. sappiamo che è altamente improbabile, che la destinazione finale per molti scrittori è proprio quel premio dibattuto e controverso. lo ammetto per me è così, è una destinazione. ad ogni modo, sento che comunque può essere meritata, dopo silenzi eterni, rifiuti continui, precarietà e anonimato. grazie a Giulio e al gruppo Laurana ho ottenuto dei risultati importanti per me, ho potuto valutare stima e invidia, scoprendo entrambe dove non mi aspettavo, penso anche chi ha taciuto sul mio romanzo immotivatamente, questo è accaduto dalle mie parti, dove vivo, penso a tutti i livori rimediati insieme agli “allori”. non credo ci sia nulla di nuovo nell’ambire a qualcosa ad ogni modo.
un abbraccio
veronica

Sempre oggi, su Facebook, Veronica ha scritto:
quando non vedevo la luce, quando ho pensato sul serio: adesso basta; è accaduto questo:

segue ora la storia della pubblicazione di Sangue di cane scritta da Giulio Mozzi.

14 giugno 2008, sette di sera. Guardo la posta. Una lettera che dice: «Sono una che scrive, sono brava. Sono incazzata perché chi dovrebbe non mi cag… Avrei da proporle le mie buone cose, ma non allego. Se vuole fiutare il talento, avrà voglia di rispondermi. Sono balle, però, non capita sul serio. Non risponderà». Ci penso un momento. Lettere così ne ricevo tante, ma non tutte le lettere così sono così. Qui c’è una forza in più.
Rispondo: mi mandi le sue buone cose.
Il giorno dopo: «Però mi dica onestamente, la prego: le interesserebbero, visto che già edite? Le leggerà sul serio e poi il silenzio? Se le faranno schifo, non mi dirà niente e soprassederà? Perdoni la mia insistenza, sono anni che aspetto, sono stanca, è passato il tempo, ho superato i trenta e sono una morta di fame. Buchi nell’acqua di solito, al prossimo smetto di galleggiare però. Brutto carattere il mio. Attendo».
Il 18 giugno arrivano due libri. Raccolgono articoli che sono quasi racconti, scritti per il quotidiano locale. Raccontano la città, hanno una lingua fragile e splendida, e hanno una cura, un amore particolare per quella città parallela che c’è in ogni città e nella quale vivono le creature di Dio dimenticate dagli uomini. Questa donna, penso, quelle creature di Dio, non le dimentica.
Prendo il telefono, chiamo. Domando: com’è che tu conosci, vivi, questa parte nascosta della città? La donna comincia a raccontarmi una storia: una storia d’amore, matto e disperatissimo. Io la ascolto, e penso: questa storia va scritta. Il 23 luglio prendo l’aeroplano. Ci incontriamo. Parliamo, camminiamo, mangiamo insieme. Io guardo questa donna, ascolto la sua voce, cerco di vedere tutti insieme, nella mia mente, i pezzi della storia che lei mi racconta a brani, a strappi.

«Tu questa storia la scrivi». «Non interessa a nessuno». «Interessa a me, sarò il tuo primo lettore. La scrivi, e me la mandi man mano».
Quando rientro a Padova, il 26 luglio, il primo capitolo è già lì nella mia posta elettronica. Poi arrivano gli altri: 31 luglio, 4, 9, 14, 21, 25, 31 agosto, 2, 6, 8, 11, 15, 17 settembre. «Questo è l’ultimo».
Comincia il giro degli editori. All’epoca lavoravo per due editori. Entrambi respingono il romanzo. Allora lo faccio vedere a destra e a manca. Viene respinto a destra e a manca. «Ci vorrebbe più plot». «È pretenzioso». «Ha una lingua impossibile». Di nuovo, lo propongo, lo ripropongo.
Passa il del 2008. Passa il 2009. Insistiamo. Anche l’autrice fa circolare il testo. Anche a lei dicono: no, no.
Finché accade l’imprevisto. L’autrice manda il romanzo a un giornalista celebre, che aveva avuto occasione di conoscere (per modo di dire: il giornalista celebre nella città di lei per la presentazione d’un proprio libro, lei che gli fa due domande per il giornale locale). Il giornalista celebre legge, e passa a un suo conoscente che, a Milano, sta creando una nuova casa editrice di narrativa. Il conoscente s’innamora del testo: sarà il primo titolo della casa editrice.
La donna è Veronica Tomassini. Il romanzo s’intitola Sangue di cane. La città è Siracusa. Il giornalista celebre è Marco Travaglio. L’editore, appena nato, è Laurana. Dal 10 settembre 2010, due anni meno una settimana dopo il «Questo è l’ultimo», il romanzo è in libreria. E io sono felice.
Vi prego, leggetelo. È una storia d’amore matta e disperatissima, è un romanzo patetico e ridicolo, è una vita che vi viene offerta in dono.

Di questo lungo post a me rrimarranno impresi due aspetti.
I primo legato alla lettura dei manoscritti: forse bisogna toglersi (che mi tolga anche) dalla testa che possa bastare il solo invio.
Il secondo legato all’invidia e a chi volutamente ignora. La cattiveria e l’invidia, però, bisogna metterle in conto cara Veronica. Che poi: fanno male, sì, ma fanno più male ai mittenti che ai destinatari.