A 4 mani, 8° racconto: Strategie di mercato

Speriamo almeno mi capiti la dottoressa, che tra donne ci si capisce.
La signora lì ci sta mettendo un tempo memorabile. Dai, su, che ho fretta.
E poi il dottore è mezzo sordo, mi toccherebbe ripetere più volte, alzando sempre di più la voce, e a quel punto tutti si girerebbero a guardarmi.
E’ già abbastanza imbarazzante. Che poi, è una cosa normale, no? Io sono una donna, è naturale che io possa… ma chiedere un test di gravidanza significa ammettere di avere un dubbio.
Ma che vado a pensare, sono solo apprensiva e metto i miei ormoni sottosopra. Abbiamo preso precauzioni no? Sono sicura, sono stata attenta, non devo preoccuparmi.
Adesso respiro e mi calmo.
Invece no! Non mi calmo per nulla! Io non dovrei essere qui. Io dovrei essere in ufficio, a preparare il breafing per la discussione delle nuove strategie di marketing.
Ho gli ultimi dati da verificare e la presentazione da sistemare; il Consiglio di Amministrazione si aspetta di avere dati certi, ordinati e precisi.
Ordine e metodo. Non sarei arrivata a questo livello alla mia età se non avessi pianificato ogni singolo passo della mia carriera, della mia vita.
Così funziona: niente distrazioni, niente tempo perso in chiacchiere inutili e in sogni a occhi aperti. La vita va vissuta con idee concrete, occhi fissi sugli obiettivi e testa bassa.
Io alle prese con pannolini e biberon?
Ma andiamo, è ridicolo! Ho quarant’anni, le mie abitudini, le mie esigenze: otto ore di sonno e la colazione dopo almeno mezz’ora di yoga. Pensa alle notti in bianco… No, non posso, non ci riuscirei mai.
Dio mi manca l’aria. Ma quanto ci mette ancora?
E poi con Fabrizio nemmeno ne abbiamo mai parlato. Stiamo insieme da quanto? un anno, e ancora ci riesce difficile organizzare un fine settimana, figuriamoci gestire una gravidanza improvvisa.
Non lo so come si alleva un figlio. Io so organizzare una campagna pubblicitaria, so convincere le persone a scegliere ciò che io gli propongo lasciandogli credere di aver deciso autonomamente…
Però, guarda quella pubblicità: quel bambino dolce e sorridente con le manine paffute e quel bel visetto: fa venire voglia di prenderlo in braccio. Oddio, ma cosa sto pensando? Deve essere il caldo.
Io con il pancione e i piedi gonfi. Impensabile.
Oh finalmente il mio turno.

***
Stasera glielo dirò Sono stanco di fingere, non ce la faccio più. Lei nemmeno se ne sarà accorta dei miei silenzi, dei miei sguardi, così presa dai suoi impegni e dalle sue riunioni. Sono stanco di passare le sere ad aspettare che lei si liberi e poi mi spedisca a casa perché deve dormire le sue otto ore senza seccature. Ma lei queste cose non le sa: è un anno che stiamo insieme e quando mai ne abbiamo parlato? Ora che ci penso, quando abbiamo mai parlato davvero lei ed io?
Io voglio una casa, una famiglia e dei bambini. E voglio una donna che mi ami e che non pensi solo al lavoro. Ora lo so: voglio Michela e i bambini che avremo insieme.
Un figlio… Sarei disposto a cambiare lavoro, se necessario, per occuparmi di lui, Voglio essere un padre presente e non come tanti che non ci sono mai e poi sanno nemmeno chi hanno allevato.
Dio! Mi sento spaventato e euforico nello stesso tempo.
Stasera le dirò tutto, anche non sarà facile. Spero solo che mi capisca. O che si sforzi di farlo.
Ora la chiamo e le dico che dobbiamo parlare.
***

Il test è negativo. Niente pancione, nausee e via dicendo.
Mi stavo quasi abituando all’idea, forse è pure bello avere un bambino che ti guarda con quegli occhioni come nella pubblicità e ti sorride. Un pupattolo con cui giocare… Sì insomma, quei dieci minuti prima di andare a letto. Che lui vada a letto.
Magari ne potremmo parlare con Fabrizio. Iniziare il discorso. In fin dei conti alla nostra età non c’è molto tempo da perdere, bisogna pianificare.
Glielo dirò chiaro: Caro Fabrizio, se vuoi un bambino, ti devi impegnare anche tu. Sono finiti i tempi in cui pensava a tutto la donna e l’uomo a malapena sapeva che il bambino aveva un sederino. Ora l’uomo fa le stesse cose della donna, può prendersi il congedo per paternità e stare a casa. Io ho un lavoro di responsabilità e non posso mollare: arriverebbe subito una, senza figli, a farmi le scarpe. Quindi, se vuoi un bambino, devi occupartene tu. Così gli dirò. Questa è la strategia giusta.
E adesso, che vestito mi metto per stasera?

***

“Ecco, ti ho detto tutto. Per fortuna il test è risultato negativo. Meglio così, no? Un bambino crea disordine e scompiglia la mente. Io sono sempre così precisa e puntuale, non posso permettermi contrattempi. Immagino che anche tu sia sollevato. Non credo che tu voglia un figlio”.
“No, ti sbagli. È un po’ che ci penso e ho capito che, invece, io lo voglio un figlio; per lui sono anche disposto a stare a casa fino a che non andrà al nido”.
“Mi sorprendi…”
“Ti ho chiamato per parlarti di questo. Per dirti che io mi sento pronto a creare una famiglia, diventare padre”.
“Io non so se…”
“L’ho sempre desiderato. Sono per la famiglia tradizionale, per i figli e per costruire un futuro di coppia, ho provato diverse volte a dirtelo…”.
“Mah, forse non stavo ascoltando… avrò avuto altro per la testa. Comunque, se ci tieni tanto posso valutare la proposta, ma è bene mettere in chiaro da subito che se vuoi in bambino ti devi impeg…”.
“Mi sono già impegnato. Ho conosciuto Michela qualche mese fa, lo so che è pazzesco, ma lei mi ascolta mentre parlo e condivide con me più di un week end e qualche ora tra una riunione e l’altra. Vogliamo le stesse cose. Ci sposeremo tra un paio di mesi, giusto il tempo di organizzare. Altrimenti non entrerà nel vestito… Spero che tu capisca, Simona”.
“Ah, hai già programmato tutto. Quindi, tu lasci me?… Questo mi dice che con te ho sbagliato tattica. Vuol dire che devo affinare la ricerca. Farò uno studio completo delle possibilità: stavolta studierò il target giusto. Rivedrò le mie strategie e in un attimo, zac! Sarò di nuovo in coppia, e stavolta, andrà tutto bene. Non faccio mai due volte lo stesso errore”.

28 pensieri su “A 4 mani, 8° racconto: Strategie di mercato

  1. Questa è una virago, non nè una donna:) Un po’ troppo sopra le righe per i miei gusti. In fondo in ognuna di noi alberga l’idea della maternità. Mai gestita, per quanto ne abbia sentite, come una partita di tennis o un tour de force di shopping. Certi argomenti mi piacciono trattati con più cura. Sorry

  2. Se partecipavo io vincevo io figurati te che te lo dico di sicuro peccato che bisogna di essere ‘n due se ero solo vincevo porca di quella eva!
    Non bisogna mai fidarsi di nessuni li scrittori c’hanno de la segatura dentro la testa.

  3. A prescindere dall’opportunità di fare interventi lunghi quanto i racconti, io non ho visto nessuna misoginia e comunque il racconto è ironico proprio in quanto esaspera il personaggio della donna in carriera. (Almeno credo fosse questo l’intento degli autori/autrici). Quindi non è credibile la sua mancata reazione al tradimento e all’abbandono perchè è un personaggio parodistico.
    Continua a sorprendermi l’incapacità di molti di saper sorridere nel leggere un racconto e di aver necessità di soffrire o di sdegnarsi.
    L’anno prossimo ho intenzione di partecipare con un racconto in cui un fratello autistico di Tom Cruise, che puzza di aglio e di acciughe ma sente invece il puzzo della madre morta da anni, non trovando il mais, vaga per un bosco, declamando metafore incomprensibili ,in cerca di arcobaleni. Il tutto condito da qualche strafalcione perchè la correttezza grammaticale è veteroborghese e evitando ogni ironia perchè i racconti validi non fanno divertire. Così vinco di sicuro. ;-)

  4. sarà…sarà che io cerco sempre di non sottovalutare nessuno e che, per questo, mi sia venuto il forte sospetto del “voluto” ma non risolto bene!

  5. Approfitto del collegamento che tiene e commento con calma.
    Il racconto mi è piaciuto, lo trovo ironico e l’esagerazione dei due personaggi in forma stereotipa si addice al tono.
    Anch’io mi sarei fermata al penultimo paragrafo: Spero che tu capisca Simona. Così la sorpresa era perfetta, l’inganno (al lettore) ben condotto giacchè ero sicura che Michela fosse la donna in carriera.
    L’ultimo paragrafo è superfluo e lascia un’impressione di donna di plastica, senza reazioni umane, insomma troppo macchietta.
    Mi vien da pensare che, essendo un 4 mani, uno dei partner non abbia voluto tagliare.
    Comunque non ci vedo nulla di misogino: ci sono donne così e possono essere spiacevoli persino per le femministe più accanite.
    Tra l’altro la figura peggiore la fa lui!

  6. Concordo con Elena perché la donna del racconto (Simona) non è credibile dal primo all’ultimo capoverso. E’ uno stereotipo che mi offende profondamente, forse perché anch’io sono una quarantenne in carriera che ha bisogno delle sue otto ore di sonno, che frequenta un corso di pilates (non yoga, ma sono simili) e, soprattutto, che non ha mai desiderato un figlio. Eppure, se capitasse un ritardo, avrei pensieri un tantinello più profondi di quelli affibbiati alla povera Simona. Se poi scoprissi che l’ipotetico padre nel frattempo ha messo incinta un’altra… altro che strategie, gli farei passare la voglia per sempre.
    Detto questo, non è scritto male e concordo con chi lo avrebbe voluto risolto al penultimo paragrafo. La chiusa di Simona la rende definitivamente ridicola e le toglie quel minimo di dignità che da lettrice ero pronta a riconoscerle. Non mi piace, ma non è tra i peggiori.
    1) Anni sereni
    2) Il primo figlio
    3) la casa del mais
    4) la confraternita della banacauda
    5) strategie di mercato
    6) E poi
    7) A caccia di arcobaleni
    8) il tempo necessario

  7. SI AFFOSSINO, SORRY, sennò affossate anche me e poi non mi fate vincere… :-)
    Sandra di cui sopra.

  8. Non mi ricordo se l’ho letto ieri, tra i commenti, e chi l’ha scritto, ma io trovo veramente assurdo solo pensare che si affossi gli altri racconti rispetto al proprio e sul proprio si facciano commenti splendidi… Io sono rimasta finora in silenzio, non posso dire ancora se l’ho inviato o no, ma certi commenti li trovo cattivissimi…
    E’ solo un gioco in fondo, per ingannare un po’ la pigrizia estiva… Calmatevi un po’, cavolo!
    Saluti! Sandra

  9. Non mi è dispiaciuto.
    Come sterno avrei preferito anch’io che fosse chiuso al penultimo capoverso.
    Però, siccome mi trovo d’accordo con molti commentatori, tra chi apprezza e chi apprezza meno… sinceramente temo un mio personale appiattimento critico. lo confesso.

  10. Elena mi ha preceduto. Avrei detto le stesse cose.
    E debbo dire che quasi tutti i racconti mi paiono scritti da persone poco avvezze alla scrittura e non solo, ma anche all’osservazione del mondo e al sentire il mondo, cosa più preoccupante, tra l’altro. Poi a un racconto dove c’è il sentire, dove ci sono immagini e profondità si perdona la virgola, si mette l’accento sul sì (affermazione) ed è finita lì. Ciao Lucia

  11. Io sono basita. Il fatto che quasi nessuno (a parte Sterno per fortuna), sia stato colpito dalla pesante ed evidente misoginia alla base di questo racconto, la dice lunghissima sulla situazione delle donne in Italia.
    Lei è una donna in carriera, anzi una caricatura di donna in carriera, costruita con tutti i luoghi comuni dell’immaginario “donna in carriera”: ordine e metodo, niente distrazioni né chiacchiere inutili, qualche termine in inglese buttato lì, resa antipatica quanto basta dal ricalcare del suo pensare solo alle sue esigenze: le otto ore di sonno, lo yoga prima della colazione, la preoccupazione per il suo fisico, la pianificazione precisa e puntuale della sua giornata e anche di un eventuale futuro, dei tempi e modi che potrebbe dedicare a un figlio: dieci minuti di gioco prima di mandarlo a dormire. Ma che donna è una così? ci vogliono fare chiaramente pensare le/gli autrici/ori del testo? E non è un suggerimento, è una strizzata d’occhio al lettore: stai con noi?
    Poi ce lo spiegano che donna è una così: una sorta di inverosimile donna robotica che, come giustamente nota Sterno, alla notizia che il moroso l’ha mollata per un’altra donna già incinta, (e notare che nel frattempo lui si era dato da fare anche con lei, il sincero Uomo all’antica che vuole una famiglia tradizionale, una donna che lo ami e dei figli), si mette inverosimilmente a pensare a una tattica e a individuare un target per trovarsi un altro moroso al più presto.
    Nessun approfondimento psicologico, nessuna osservazione personale, nessuno sforzo di immedesimazione che vada al di là della superficie di quello che è un pensiero inerte, comune, banale, da bar Sport, che divide il mondo in categorie precostituite: in questo caso Donna in carriera, Uomo all’antica.
    Non credo che la predilizione vada a racconti fumosi, nebulosi e “difficili” da leggere. La differenza non è tra racconto leggero e ironico (ironico?) e polpettone melodrammatico. Quello che sembra nebuloso e indigesto forse è il tentativo (questo sì degno di rispetto) di un principiante di metterci, almeno, qualcosa di proprio, un minimo di introspezione, di tentativo di lettura della realtà filtrandola attraverso i propri pensieri, non la trascrizione della chiacchiera da bar. Insomma, c’è differenza, e ci sono mille altre possibilità di dirlo, se uno vuole impegnarsi a farlo, tra il dire “m’illumino di immenso” e dire “il sole sorge a est e io quando la luce arriva mi sento tutto bene e penso che il mattino ha l’oro in bocca”. E non servono cinquanta pagine per dirlo.

  12. La psicologia femminile ha un numero infinito di sfumature, vai tu a sapere: magari Simona in un attacco di dignità ha liquidato così il traditore (e con l amante incinta per giunta!!! scandaloso, sono indignata. e nessuno muore per giunta!) e poi ha scaricato tutta la sua ira e frustrazione commentando i commenti, sui alcuni racconti pubblicati, in un blog in rete.

  13. l’idea mi piace molto ma mi resta una sensazione di confusione, leggendolo – due volte per la precisione. la confusione deriva dal fatto che non capisco se è giocato sul tono del surreale, ci sono forti indizi, oppure su quello del reale, ci sono indizi anche per questo. a me piaceva anche tutto sul surreale – paradossale con questa donna che è un computer e con lui che la tradisce come merita. così però a me non pare nè carne nè pesce.

  14. Mah… A volte ho l’impressione che si leggano con più interesse i commenti che i racconti e che lo scopo del gioco diventi non tanto giudicare i racconti (non mi piace la parola giudicare, ma non me ne viene in mente una diversa), ma attaccare in maniera non sempre gradevole chi commenta.

    Questo racconto lo trovo carino, è scritto bene, non farà nascere grandi emozioni, leggerlo, ma non è affatto male. Anche se sono abbastanza d’accordo con Sterno per quanto riguarda la reazione della donna.

    Milvia

  15. sono d’accordo con quanto scritto da fratti.
    anch’io ho spesso la sensazione che “racconti chiari, corretti e ironici non piacciano, mediamente, e si preferiscano indigesti, nebulosi e pseudodrammatici polpettoni, come se far sorridere fosse considerato di serie B e si debba soffrire per forza a leggere un testo, o per il tema trattato o per lo stile usato”.
    (ho anche aggiunto la o come indicato nel secondo commento).
    e questa sensazione l’ho da tre anni e cioè dalla prima edizione di questo gioco.

  16. anzi: ho letto meglio: lui ha già messo incinta l’altra e la sposerà fra pochi mesi !!!!
    e lei come reagisce? Ah, hai già programmato tutto ecc. ecc.

    farei un ripasso delle reazioni di pelle stomaco e sangue che la vita quotidianamente ci impone. la scrittura è innanzitutto osservare, quindi provare su noi stessi quello che vogliamo descrivere, sentirlo addosso, immedesimarsi nel personaggio che riceve uno smacco di questo genere. e solo allora trasferire il sudore e la vampata che le avrà sicuramente infiammato il viso insieme a rabbia mortificazione frustrazione e rabbia… sul foglio.

  17. avrei chiuso il racconto al penultimo capoverso. così ci sarebbe stato il colpo di scena e basta: lui che ha un’altra e glielo confessa. tra l’altro ha un’altra da qualche mese, quindi è anche un traditore, avendo quasi concepito un figlio con la protagonista di recente. e tanto sarebbe bastato come colpo di scena. invece, con l’ultimo capoverso, la protagonista non solo sorvola beatamente sul tradimento e sullo smacco ricevuto, ma già – istintivamente – calcola le mosse successive. come un vero computer. certo, la reazione potrebbe essere dovuta alla sua attitudine al perfezionismo e al “mantenere un tono”, ma non mi sembra credibile. come minimo dovrebbe tirargli uno schiaffone: fino al giorno prima ipotizzava un figlio con lui (seppure unilateralmente) e ora viene a sapere che non solo lui non ci pensava nemmeno, ma ci sperava con un’altra. calcio nelle palle, pure, ci sarebbe stato, altroché.

  18. Come mai tanta aggressività gratutita verso i commenti altrui? Gloria Gerecht aveva detto che il racconto è molto carino, anche se le era sfuggita la circostanza della farmacia ed è stata accusata di aver troppa voglia di dare un commento negativo per leggere attentamente. Non va bene.
    Comunque, parlando del racconto, che poi sarebbe lo scopo per cui siamo qui, l’ho trovato ben scritto e gradevole. Volutamente caricaturale la figura della donna in carriera che trascura i rapporti umani per il lavoro, ma in fondo non è poi così lontana dal vero la psicologia che delinea. Una storia piacevole, pulita, coerente, con un piccolo colpo di scena finale. Cosa si può volere di più in seimila battute? Non sarà un capolavoro, ma dubito che ne venga comunque fuori uno tra tutti i racconti che verranno pubblicati.
    Io ho l’impressione che racconti chiari, corretti e ironici non piacciano, mediamente, e si preferiscano indigesti, nebulosi e pseudodrammatici polpettoni, come se far sorridere fosse considerato di serie B e si debba soffrire per forza a leggere un testo, o per il tema trattato per lo stile usato.

  19. A E.S.
    In effetti in questo periodo sono frettolosa: ho un collegamento a tempo che mi salta via continuamente.
    Comunque non era un commento negativo: ero solo perplessa. Se ci fosse stato scritto farmacista non avrei equivocato.

    Quello che mi sconcerta è il continuo tono polemico che c’è nei commenti e nelle risposte agli stessi.

  20. Mi piace come è scritto, la storia no, troppo spiegata come dice “t” e anche sottotraccia mi dice poco, l’ho letto tutto fino in fondo ma mi sarei fermato molto prima.
    Come per il racconto n.3 , se fosse la pagina di un libro lo avrei lasciato sugli scaffali .
    Ognuno ha i propri gusti come qualcuno ha e detto nei commenti sul racconto n.7.
    Credo invece che questa accoppiata abbia le doti per fare meglio, a loro i miei complimenti, al racconto no.
    Marchetti Fausto

  21. Pare che alcuni commentatori, nella foga di dare il proprio (negativo?) parere, dimentichino la cosa più importante: leggere il racconto.
    La dottoressa descritta è chiaramente una farmacista.

  22. Molto carino!! Gradevoli anche le due voci e la sorpresa finale.
    Unico appunto: una donna di 40 anni, in carriera, quindi informata, dovrebbe sapere che il test di gravidanza si compra in farmacia e non c’è bisogno di andare dal dottore.

  23. Dare parole ai pensieri – intendo, a quelli che si aggirano mentre fai la coda o lavi i piatti – è come indurre una trasformazione chimica. O genetica. Quando ti scuotono con la domanda “cosa pensi?” puoi riferire esattamente il tema ma “lo svolgimento” sarà cosa di natura diversa rispetto ai pensieri. Un po’ come accade raccontando i sogni. Bella gatta da pelare, il “monologo interiore”.
    La prima lettura mi ha lasciata indifferente, come mi capita spesso con le cose (per i mio sentire) troppo “spiegate”. Poi sono tornata indietro perché mi è rimasto in testa un “qualcosa”… – pubblicità subliminale :-)) – e ho concluso la rilettura pensando che mi piace invece quello che questo testo dice, meglio, “sottotraccia”.

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