Tra cinque-sei giorni esce (finalmente) Bastardo posto, casa editrice Perdisa Pop.
Finalmente perché il libro sarebbe dovuto uscire per il salone del libro 2009, con la Newton compton, ma è storia vecchia, questa.
Nel frattempo mi sono cimentato con altro, un racconto lungo (o romanzo breve) dal titolo “Il monastero della risaia”: una farsa anticlericale travestita da giallo che, presto, dovrebbe uscire per Senzapatria.
Ma in questi giorni ho terminato di riscrivere Di bestemmie e folli amori, il mio sesto romanzo.
Ho cambiato il titolo: Vicolo del Precipizio.
Allora, questo libro è il primo libro che mi viene rifiutato dalle case editrici.
E’ un libro che alterna due piani di lettura. Da un lato ci sono storie contadine toscane (il passato del protagonista), dall’altro c’è la storia di un uomo alle prese con la scrittura (il protagonista è un ghost writer che vive a Torino e che lavora per un agente).
Il finale è da libro giallo.
Le case editrici che lo hanno letto mi contestano soprattutto i discorsi legati alla scrittura (il presente del protagonista).
Il protagonista, infatti, ha un moto di repulsione verso l’editoria in genere, e, nello specifico, verso gli scrittori leccaculo, verso gli agenti che controllano il mercato, verse le case editrici, specie quelle grosse, che il protagonista ritiene incapaci di proporre prodotti editoriali seri: perché ragionano come ragiona un salvadanaio.
Il mio protagonista fa di peggio: mette in discussioine pure se stesso, la sua mente, i suoi tarli.
E questo succede mentre scrive i ricordi legati a Vicolo del precipizio, insomma alla sua infanzia toscana e ai ricordi tramandati, di storie vere e punto vere tramandate di padre in figlio.
Torno sui pareri delle case editrici che lo hanno letto (tre, su trenta invii, effettuati più di un anno fa).
Mi contestano che il mio protagonista contesti un mondo che poi, alla fin fine, sappiamo tutti come funziona.
Stringi stringi chi pubblica dice che l’editoria avrà i suoi lati negativi ma comunque funziona; chi non pubblica si sa quel che dice…
E poi: è anche vero che chi pubblica e vive di scrittura preferisce criticare Berlusconi.
Comunque: io ho scritto quel che mi sentivo di scrivere, senza condizionamenti.
Poi se il libro resta nel cassetto va bene così.
Un discorso onesto, in fin dei conti… forse hai “messo il dito nella piaga” di qualcuno….
Ah! e anche per il terzo! Il breve “senzapatria”.
Di bestemmie e folli amori a me piceva di più. Ma è secondario.
In bocca al lupo per entrambi, quello pubbicato alfine (che leggerò) e l’altro, che si spera di poter leggere.
Mi ritrovo con Ziacap. Se è scritto bene, non ci badano e ti vanno a fare le pulci sul contenuto? Cioè, su quel contenuto?
Magari pubblicherebbero senza problemi, per dire, il “Mein Kampf”?
Roba da matti.
Credo che un libro poi trovi la sua strada a prescindere da tutto.
Ti auguro il meglio per questa nuova avventura.
Scrivere ciò che si sente e come lo si sente, essere liberi di criticare… questo èciò che conta.
A me pare che ciò che importi sia la scrittura.
Null’altro.
iniziando dal titolo, preferivo “di bestemmie e di folli amori”.
proseguendo col chi pubblica e chi no, dico che dovrebbe essere dovere di entrambi, criticare berlusconi. a prescindere.
e infine aspetto di ascoltare bastardo posto e vederti presto in a lovely place! :)
Un anno fa, di questi giorni, davanti al Vicolo del Precipizio, c’era chi già preferiva questo titolo per una serie di motivi. Vai così.
Di bestemmie e folli amori non era male come titolo, comunque sono curioso di leggerlo per la seconda parte. Così, tanto per smontarmi un po’ :)
Un saluto.
intanto, sono contenta (non che questo abbia importanza) del cambio titolo. ho sempre preferito ‘Vicolo del Precipizio’.
l’altro titolo (per quanto bello) mi pare strizzi l’occhio al lettore.
e, per venire all’argomento del post, credo che scrivere ciò che si sente sia sempre il metodo migliore. verrà anche il tempo di questo libro, vedrai.