brutta bestia la cronaca nera

Una volta, insomma quando ho iniziato io, non c’erano regole: e, alla faccia della privacy, sui giornali si scriveva di tutto.
Oggi – almeno per me – il confine tra cosa si può scrivere e cosa invece non si può scrivere è nebuloso. Col risultato che alcuni colleghi sono stati condannati con motivazioni assurde, col risultato che tanti altri colleghi preferiscono non rischiare e arrivare al 27.

E’ successo questo nella mia città. Un commerciante è stato denunciato: palpava le sue commesse.
I giornali ne hanno dato notizia, senza nome.
Stamani un piccolo giornale (concorrente al mio, che a Vercelli è il più letto) esce con alcune interviste (anonime) ad alcune commesse palpeggiate e, a caratteri cubitali, in prima pagina è comparso questo titolo (vado a memoria): Ci toccava il sedere.

Oggi ricevo una mail personale. Un lettore, indignato, mi dice che è stato sbattuto il mostro in prima pagina, mi dice che articoli di questo genere non sono certo… evangelici.

Gli ho risposto dicendogli che, uno, quel titolo non garba nemmeno a me, due, che, due, il rischio di sbattere il mostro in prima pagina lo corrono tutti i giornali che fanno cronaca nera e che, tre, la notizia del commerciante palpeggiatore era giusto darla.

Senza nome e cognome del molestatore?
Questo sì che è un gran quesito (rispondete, se volete, vi leggerò, ma non credo che commenterò).

Una decina di anni fa, forse dodici, sempre nella mia città successe questo. Un tipo cominciò a ricattare una dipendente di una cooperativa che faceva le pulizie dove lui lavorava.
Lei lo denunciò e i carabinieri lo arrestarono mentre stava per tirarsi giù i pantaloni.
Fu arrestato, i giornali pubblicarono il suo nome e il suo cognome.
Lui, dopo aver ammesso tutto, invece di tornare dalla moglie e dal figlio andò a gettarsi sotto il treno.
Gran brutta bestia la cronaca nera.
Un conto sono le minacce dei potenti: di quelle un buon giornalista non deve o non dovrebbe curarsi.
Un conto è la propria coscienza.

6 pensieri su “brutta bestia la cronaca nera

  1. Mi pare che in Italia la cronaca nera sia servita, sui giornali, più a oscurare servizi seri politici, sociali, di costume, in questi anni.
    E se Alì Berlù precipiterà, sarà più per i fatti puttaneschi nero/rosacei che per i suoi gravi reati contro la democrazia.
    Tuttavia penso, che eccetto che per i politici, per coloro che hanno cariche pubbliche, gli indiziati di reato dovrebbero essere indicati come anonimi o solo con le iniziali, partendo da principio che la persona è innocente finché non sarà giudicata da un tribunale.

    Ricordo il caso tragico di un uomo, qui a Torino, che venne accusato di aver abusato della sua bambina di pochi anni, per una errata diagnosi di un ambulatorio.
    Fu caricato di improperi, fu qualificato “mostro”, perse il lavoro, danni morali enormi.
    Alla fine si suicidò.
    E fu provato che era innocente.

    Pensate al recente caso del nuovo “mostro di Avetrana”, ha oscurato sui media tutte le notizie “serie”.

  2. La cronaca nera, non è una bestia. è un virus.
    creato in laboratorio, utilissimo a distogliere l’attenzione dalle notizia importanti. ottimo diversivo, ottimo depressivo.
    ciau

  3. A me preoccupano le notizie ingiuste o raccontate male più che i nomi e i cognomi. Sarà che l’ho provato e lo provo sulla mia pelle.
    Su di me scrivono di tutto e di più e mi devo esercitare per non confondere la realtà con la fantasia giornalistica.
    Una volta sono una ladra, un’altra ho un conto alle Isole Cayman, un’altra ancora sono una che sottrae lavoro agli altri.
    Nessuno pare preoccuparsi di tutelare una persona che, per quanti errori abbia commesso, si sforza nel quotidiano di vivere una vita come quella di tanti altri, pur con un peso innegabile e carico di responsabilità.
    Per la serie: colpevole una volta, colpevole tutta la vita e colpevole di tutto!

  4. Credo che, anche escludendo i casi-limite (che non sono poi nemmeno tanto -limite) come quello del ‘mostro’ che si butta sotto il treno, il nome possa essere tralasciato: è in fondo la cosa meno importante – ammenoché si tratti di un personaggio pubblico, l’unico caso in cui il nome dica qualcosa, abbia significato.
    In genere vedo con molto sospetto qualunque forma di censura, anche preventiva, della cronaca nera, è una cosa, innanzitutto storicamente, fascista. Mi ricorda il caso di Formiggini, che è l’inverso di quello che hai descritto, perché si buttò dalla finestra per protesta contro le leggi razziali, ma la protesta finì nel nulla perché i giornali non potevano dare notizie di questo tipo. Il giornalismo deve rendere conto di tutte le emergenze, in specie – alla fine dei conti – negative; l’utilità è comune, e magari non immediata, o immediatamente visibile, ma è incontestabile (non c’è solo il cittadino ‘qualunque’ a leggerla, ci sono anche membri dell’esecutivo, politici, studiosi, sociologi, statistici, storici & quant’altro; è una sorta di sismografo, che deve o dovrebbe dare quotidianamente un’idea possibilmente fedele della società che descrive).

  5. Di sicuro dico no, nome e cognome no. Un conto è la notizia, un altro la distruzione di una vita, una famiglia. Ci sono altre persone coinvolte, gente che non ha alcuna colpa, la vita è una faccenda delicata.

    Altro paio di maniche la denuncia che ne so, di un politico corrotto e/o un imprenditore disonesto. Lì ci vuole nome e cognome, eccome. Certo, anche loro hanno una famiglia, magari dei bambini: ma hanno un incarico pubblico, e al pubblico devono rendere conto del loro operato.

    Tutto sommato si rischia di meno a mettere il mostro in prima pagina, piuttosto che (eccetera).

    Ma io non sono giornalista e quindi.

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