L‘amico e giornalista Giorgio Levi nel suo blog (nell’articolo in cui parla del mio ultimo libro, Forse non morirò di giovedì) ha scritto che sono toscano, ma che il ho il carattere del vercellese.
Rispetto sempre le percezioni altrui.
Allora, ho scritto un altro libro, che spera esca a fine 2021, si intitola La suora, e il protagonista si chiama Romolo Strozzi, venditore abusivo di formaggi, giornalista pubblicista e investigatore per caso.
Romolo Strozzi è pugliese, porta dentro di sé, quindi, i colori e i profumi della Puglia (terra che amo). Ma a un certo punto della sua vita si innamora della Valsesia, delle cime innevate e dei bochi che vede dalla sua finestra quando si addormenta e quando si sveglia. E sa, Romolo Strozzi, di non essere più pugliese ma sa anche di non essere valsesiano.
Non ha radici.
Da piccolo mi sentivo molto toscano a Vercelli quando la gente mi parlava in un dialetto che non capivo. Ma quando tornavo a Cortona sapevo di non essere un cortonese. Avevo mantenuto, sì, la dizione toscana, ma la parlata l’avevo persa.
Senza radici, insomma.
Non è bello non avere radici. E’ come non avere casa. Tu cammini di sera e vedi una finestra illuminata. Sai che c’è vita, lì. Ma non per te.