Allora, il libro che sto scrivendo….

Titolo. Il sentiero dei papaveri.
Ci son giorni che penso (già successo con La suora; con La donna di picche; con Bastardo posto): sto scrivendo il mio miglior libro; ci sono giorni che dico (mai successo prima): sto scrivendo il mio peggior libro. E mi dico anche: stavolta (mai successo prima) non troverai un editore.
E se qualcuno lo pubblicherà arriveranno tanti complimenti ma anche tante stroncature, tante sassate.
È un libro fiaba o forse no. Non si sa se l’azione si svolge dopo il Covid o negli anni Sessanta (favolosi? dipende dai punti di vista.)
Ci sono giorni in cui scrivo 30mila battute, ci sono giorno in cui ne scrivo 2000.
All’inizio pensavo: sarà il libro con più pagine che ho scritto.
Invece è molto probabile che sia (sarà) quello ccon meno pagine (sulle 160mila battute).
Ci saranno alcuni capitoli con riferimenti da spiegare poi, nella pagina finale: nel tal capitolo parlo del figlio di un personaggio vero, un figlio di cui non si è saputo nulla. Nel talaltro, invece, c’è un prete che ho visto davvero, mentre celebrava messe strane con le imposizioni della mani, ma che dirà cose che diceva don Luisito Bianchi, un grande prete, un grande uomo, un grande scittore (autore del libro-capolovaro La messa dell’uomo disarmato).
Ci son cose autobiogarfiche anche, disseminate qua e là.
Quando ho del tempo scrivo, leggo, rileggo, correggo.
Per la prima volta ho fatto una scaletta. Insomma, prima ancora di iniziare sapevo e so come andrà a finire. Ci son notti che dormo male, pensando al libro. O alla scaletta da modificare.
In questo perido – insomma da inizio febbraio – non ho visto un film, leggo in fretta i giornali al mattino, non ho visto una serie tv, non ho letto un libro.
Lavoro al giornale e alcune cose le faccio, come seguire le partite di basket di mio figlio. O portare a spasso il cane, due volte al giorno. O tenere il corso di scrittura a Santhià (le lezioni le preparo sempre la sera prima).
Ma diverse cose le faccio coi tempi diversi, chessò, a mezzogiorno mangio un pezzo di focaccia con le olive oppure una banane in dieci minuti e poi mi fiondo davanti al mac.
Il libro che sto scrivendo è un po’ come un’ossessione voluta: come Romolo Strozzi, protagonista de La suora, che vive e mentre vive pensa a lei, alla suora.
Sono arrivato a (vado a vedere…) a 110,007 battute.
Può darsi che lo finisca in tre giorni, può darsi che lo finisca in tre settimane. Poi per un mese, forse due, correggerò, limerò, riscriverò, soprattutto taglierò.
A giugno lo invierò in lettura a qualche editore. Ho in mente i primi sette invii: a Giulio Mozzi, a Sergio Fanucci (non credo rientri nelle sue corde), a Golem, ad Arkadia, a Marcos y Marcos e a… una grossa (tentare non nuoce).
Se non ricevo risposte soddisfacenti magari me lo stampo da solo e lo vendo in quache presentazione. Amazon? Così fan tanti, non mi va.
E intanto continuerò – come ho sempore fatto – a correggere, tagliare, aggiungere.
Adesso ho un’ora di tempo libero. Poi ho da fare cose. Stanotte – fumando la pipa e bevendo caffè (e tanta acqua, anche) – lavorerò dalle 23 (circa) alle 4. Domattina posso permettermi di svegliarmi alle 9.
Buone cose a tutti.
PS se ci son refusi scusate, ma son di fretta…
perché sei di fretta?
Perché tante cose le ho appuntate, ma tante le ho in testa e ho paura che scappino via…