Un bar fuori dal tempo, nel mio nuovo libro.

Sto rivedendo il libro Il sentiero dei papaveri.
E’ una storia un po’ strana.
Nata da un incontro.
Tempo fa, lo psicanalista Emilio Mordini, una delle voci più interessanti durante la pandemia (lo seguo su facebook). Commentando la rivoluzione digitale che stiamo vivendo, disse che non ci resta che fare come certi monaci (benedettini, mi pare) che durante le invasioni barbariche si chiusero nei loro conventi a studiare e pregare.
Mi è venuta così in mente una comunità che ho frequentato anni fa. Di cattolici. Ma non solo. Praticavano la meditazione, imparata in Oriente. Vivevano e vivono nelle loro comunità, dove pregano, meditano, fanno yoga, seguono un’alimentazione vegetariana.
E una sera, guardando una serie tv, mi ha colpito una scena: un bar dei giorni nostri con una storia ambientata ai giorni nostri ma che sembrava un bar degli anni sessanta.
Ho ambientato lì, la mia comunità. Un bar dove si incontrano storie.
La prime righe del libro.

Cammini, ma a ogni passo sembra che tu stia per inciampare perché – lo so bene, ti conosco oramai – sei distratto, spaesato, triste. Il Capitano ti manca, ci mancano lui e quella nostra tana: Il Bar del Capitano non era un bar, era una stazione dove arrivavano storie. Una stazione accogliente, diversa: senza regole, orari, capotreni. Ricordo il primo giorno in cui ci mettesti piede.


Poi, a metà, si legge questo.

«Ora però devi spiegarmi una cosa. Perché non usi nessun tipo di telefono? È un vezzo da intellettuale?»
«Per solidarietà con le cabine telefoniche.»
«Cosa?»
«Una sera, affacciati sul cortile, io e papà vedemmo che stavano smontando una cabina telefonica. “Le tolgono per imporci le loro diavolerie? E allora sai cosa facciamo noi? Smettiamo di telefonare” disse papà. Da allora uso il telefono solo se sono disperato.»
«Vivi fuori dal mondo, ma è un nuovo mondo, questo, che corre, e tu non puoi esorcizzarlo fingendo che non esista. Sembra quasi che certe parole ti spaventino, non le pronunci mai…»
«Zia, la parola rete per me ha un significato preciso: trappola.»
«Stai cercando di vivere in un mondo tutto tuo, non è una scelta facile.»
«È una scelta.»
Ha un sorriso bellissimo la sorella piccola di mamma.