Fabrizio De André raccontava che l’idea per scrivere La canzone di Marinella gli venne leggendo un trafiletto anonimo di un giornale locale di Alessandria.
Si leggeva, nel trafiletto, che una prostituta, rincasando, era scivolata nel fiume, ed era annegata.
Ecco, io credo che certe storie nascano così. Da uno spunto: ché le storie, invece, se sono tratte dal vero sono cronace, se invece sono ispirate a cose già viste o lette sono storie disoneste, e se invece sono l’ammirazione e la descrizione del proprio ombelico sono patetiche.
Quando parlo dei bar, e delle storie sentite nei bar, non penso, poi, a una loro codificazione in racconto; sono gli spunti, che servono, bastano quelli: ma vanno bene anche gli auotobus, i treni, le finestre: vedendo dall’alto si possono cogliere storie…; oppure i ricordi: avvolti dalla memoria che, minuto dopo minuto, si oscura, anche se impercettibilmente, anche lì, o forse soprattutto lì, nei ricordi, si annidano spunti.
Insomma: per scrivere non serve avere avuto una vita avventurosa come quella di Rimbaud.
Può bastare quella di Pessoa, movimentata dentro…
E ci son canzoni che sono storie in miniatura, questa per esempio
Ma di Lella, son convinto, i romani preferiscono la versione di Lando Fiorini.
Segnalazione.
Recensione della mia raccolta di racconti Tamarri su Via delle belle donne.