uno spicchio di arancia, poi olio e sale

(…)
Benedetta si è abbrustolita una fetta di pane e ci sfrega sopra uno spicchio d’arancia, poi la cosparge di olio e di sale.
«A Caserta facciamo così» mi spiega. «Ma le arance di qua non sono buone, ci vorrebbero le nostre».

tratto da “Tutto sarebbe tornato a posto”, di Michele Cocchi, casa editrice Elliot.
insomma: se trovo un’arancia come si deve, magari al mercatino di prodotti biologici, provo.
e comunque: il libro promette bene.

Poi.
Stamattina il barista dove prendo il secondo caffè della giornata (il primo è davanti a pc e posta elettronica), indicando la tasca del mio giubbotto da dove esce un pezzo di libro, mi fa:
L’hai scritto tu, Remo?
No, è un libro che ha scritto una persona che conosco.
Glielo mostro, è il libro su Izzo, scritto da Stefania Nardini (Perdisa).
il barista dove prendo il caffè si mostra sempre interessata alla scrittura e alla lettura: lui, dopo qualche anno di scuola superiore, si è dimenticato la scuola e di leggere, anche. Mai letto un libro.
Stamani mi chiede.
Ma quand’è che esce il tuo prossimo libro?
Facciamo così, non te lo dico, ché porta male.
Ah, porta male?, domanda.
Porta male, ripeto.
Ma quanti ne hai scritti?
(Me l’ha già domandato mesi fa, si è dimenticato, evidentemente. Vorrei spiegargli che ho scritto sei romanzi, quattro pubblicati, uno in attesa, un altro ancora si vedrà; ma preferisco sintetizzare).
Ne ho scritti quattro, dico.
E da quanti anni scrivi?
(Non so se dirgli da sempre o da dodici anni, ci penso sorseggiando)
Da dodici anni.
E quanto soldi hai guadagnato?, mi fa.
Poco più di 3000 euro, forse 3500, rispondo (omettendo quanti soldi ho speso).
Minchia, dice spalancando gli occhi.
Poi aggiunge: 300 euro all’anno?
Già, dico io.
E gli lascio le tre monete, da 50, da 20 e da 20: 90 centesimi per un caffè buono, e veloce anche.
Bel mestiere fare il barista.

5 pensieri su “uno spicchio di arancia, poi olio e sale

  1. oh, ma io propongo la mia candidatura anche per le altre attività.
    le cose folli mi sono sempre piaciute.
    per quanto, forse ne ho già fatte abbastanza…

  2. tanti anni fa, quando lavoravo in fabbrica e c’erano ancora le latterie, ne stavo per prendere una.
    ma era una latteria, periferica, che funzionava anche da microbar.
    sarà stato il 1980, costava 10 milioni.
    che non avevo.
    poi pensai che avrei preferito gestire un distributore di benzina.
    scelsi di… iscrivermi all’università.
    adesso sono indeciso Morena: o una libreria o una casa editrice.
    cose folli, entrambe.
    magari opto, appunto, per un bar; nel qual caso…

  3. l’arancia mangiata così mi attira assai. mi sa che oggi provo :)
    è bello anche il titolo del libro di Cocchi.

    quindi, che proponi, remo? ci apriamo un bar a serviamo al bancone a turno? io c’ho predisposizione per il bar. l’ho già fatto in passato.

  4. Remo, gestisci i dialoghi con naturalezza ed equilibrio. Io di solito mi soffermo su alcuni aspetti importanti per percepire la buona scrittura, che è un po’ come il vino: la devi capire per gustarla, almeno un minimo.
    Esco ed entro senza sforzo tra le tue battute, senza avvertire il peso delle parole ma il loro fluire. Penso che sia un fattore molto importante. Forse una particolare sensibilità all’ascolto, all’economia del comunicare o al desiderio di farlo, anche quando non scrivi.
    Luigi

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