A 4 mani, 16° racconto: Due zone diversamente influenzate

Il golfo di Napoli è al centro di due zone diversamente influenzate dalle correnti: l’una a Nord con correnti a direzione stagionale, l’altra a Sud con correnti a direzione costante. I due rami, sovrapponendosi, creano la circolazione generale della corrente determinandone le due direzioni. La prima è quella detta di Ponente. Segue il percorso Capri, Penisola sorrentina, Castellammare, Torre Annu
Fu in quel momento – in quel preciso momento – che l’uomo tolse il volume al televisore. Lo schermo continuò a proiettare immagini di aliscafi, turisti e ragazzi scalzi che giocavano a calcio su un pontile.
Si alzò. Provò a finire la birra.
Si era scaldata.
La versò nel lavandino, guardò l’orologio e terminò la sigaretta lasciata a metà.
Poi andò a prepararsi.

Era arrivata a casa pedalando veloce sul lungomare.
Salì le scale, si poggiò alla porta, scostò i capelli che l’afa le aveva appiccicato al viso ed entrò.
Si spogliò camminando verso la doccia.
Dentro. Sotto l’acqua fredda, a spegnere quel dolore che spesso riemergeva. Soprattutto quella sera.
Alzò il viso, chiuse gli occhi, si fece pettinare i capelli dall’acqua.

L’uomo andò in bagno. Si insaponò la faccia e si rase con il bilama. Pelo e contropelo. Entrò in doccia. Dopo essersi asciugato tornò nella stanza del televisore.
Da quando viveva da solo aveva perso l’abitudine dell’ordine. Teneva gli abiti su divani, sedie e poltrone. Pescò dal mucchio.
Si vestì davanti al televisore con le immagini mute di una signora che assomigliava a Marisa Laurito. Era su una terrazza affacciata su un golfo e spiegava come fare un liquore di limoni. Aveva un cesto di capelli fermati da un mollettone che sfidava il vento.
Diede un’occhiata all’orologio.
Ancora presto.
Si tolse la camicia per paura di macchiarla.
Marisa Laurito mostrava come sbucciare i limoni.
Senza staccare gli occhi dai suoi capelli prese una birra dal frigo e si sedette sull’unica poltrona libera dai vestiti.

L’acqua le scendeva lungo il corpo, percorso da brividi, scosso da carezze prolungate. Socchiuse le labbra per bere e lasciò che il trucco sgocciolasse lungo le guance, lasciò che le gocce giocassero sul seno e rimbalzassero sui capezzoli finendo verso l’inguine, sulle gambe, sulle unghie colorate di blu.
Afferrò la spugna a forma di stella, il sapone al papavero e iniziò a frizionare la pelle dalla pancia piatta.
Un pensiero, subito da cacciare, venne fuori appena sentì la spugna sul ventre. Lui partiva da lì quando giocavano sotto la doccia.
Aprì gli occhi. Scosse la testa come a volere ammazzare quel pensiero mentre la stella al papavero continuava a carezzarle il corpo.
Ma non era la mano di lui. No.

Il caldo lo stava assassinando. Non smetteva di sudare. Aprì la quarta birra e guardò l’orologio.
I minuti si sedimentavano con la lentezza di un insetto che muore.
Tornò allo schermo.
Intervistavano un sottufficiale della Capitaneria di porto. Dietro, un muro di facce fisse verso la telecamera.
Bevve la birra.
Si passò una mano sull’addome.
C’erano stati anni in cui giocava a pallavolo in B2. Aveva muscoli che vibravano sotto pelle: era il suo modo di amare una compagna che non c’era più. Ora quegli anni erano lontani. Lo stomaco premeva contro la maglietta come qualcosa di morto.
Pensò alla donna che avrebbe visto di lì a poco.
Questo offre la casa, pensò sollevando la birra a mo’ di brindisi.

Uscì dalla doccia e andò in camera costellando orme di gocce al papavero. Andò verso la finestra. Il mare era un po’ increspato, come i suoi pensieri. Non aveva molte cose eleganti, la sua sensualità usciva ugualmente, lo sapeva bene. Afferrò un paio di pantaloni in mussola e una camicia leggera, molto scollata. Sandali bassi: la sua altezza era sufficiente a svettarla verso ogni altitudine di uomo. Lui era alto…
Ma stasera non sarebbe uscita con lui.
Via quel pensiero.

L’uomo salì in auto e guidò mezz’ora sotto il sole. Parcheggiò e camminò fino al luogo dell’appuntamento. La vide davanti alla vetrina a specchio di un bar.

La donna aveva fatto la strada velocemente. Pochi minuti per svuotare quei minuti dall’angoscia dell’attesa. Chiusa la bici con la catena si era messa con le spalle alla vetrina, il posto dell’appuntamento.

L’uomo vide i suoi capelli, di un nero tanto pitturato da sembrare una parrucca, l’abito inutilmente sexy, il trucco che le donne usano ai primi incontri come una difesa e una sfida.
Finalmente ci conosciamo, gli stava dicendo l’estranea.
Provò a confrontarla con le foto del sito per single in cui si erano conosciuti. Tentò di trovare una somiglianza con quelle immagini piene di splendore. Cercò una traccia, un appiglio, qualcosa a cui ancorare la disperazione che montava dentro.
Poi si vide nella vetrina. Vide il sudore che  macchiava la camicia, l’addome che tendeva il cotone, la sua faccia smarrita.
L’immagine di una donna che lo attendeva sotto la doccia salì come una bolla d’aria nella palude dei ricordi e quando toccò la superficie ed esplose anche il nulla in cui galleggiavano i suoi giorni esplose e l’uomo si disgregò su quel marciapiede, davanti a quella donna e sotto quel sole assassino.

La donna lo scorse arrivare. La prima cosa che notò fu la maglietta con la faccia di Che Guevara. Il Che, stava a ore a parlarne. Una volta da un viaggio sull’isola le aveva portato un perizoma con la stella del Che. Indossalo,  voglio vedere come ti sta… Che tristezza…
“Perché sono qui?”
Il pensiero saltò alla volta in cui lui, il lui vero, le toglieva il bikini su quella barca blu e rosa lentamente e le baciava il collo alzandole i riccioli biondi. Si erano sdraiati e fusi sul fondo della barca.
Andò via lasciando la bici legata al palo.

A casa l’uomo cancellò il profilo dal sito web e smise di mendicare incontri.
La donna tornò il giorno dopo a recuperare la bici. Qualcuno le aveva bucato le gomme. Il sellino era stato tagliato con  un  coltellino.
Fuori dalle loro abitazioni il mare continuò a separarli per gli anni a venire facendo, tutto sommato, il proprio dovere.