Non ho scritto nessuna riflessione in occasione del mio sessantaiesimo compleanno, 15 giorni fa.
Sono tanti, 66 anni, primo pensiero.
Secondo pensiero: scrivere 66 anni e non sentirli è una bugia. La mia schiena, per esempio, li sentono. Tutti. A volte grida, la mia schiena.
Terzo pensiero. Però spesso me ne dimentico. E magari, vedendo in strada una persona di dieci anni più giovane penso che sia… un anziano.
Se poi succede che io veda la mia immagine riflessa su una vetrina, quarto pensiero, vado in depressione e dico a me stesso: Non può essere.
Ma quand’è che si diventa vecchi?
(Mio figlio, che ha 12 anni, mi dice sempre: No, non sei vecchio, è vecchio il nonno, che ha 95 anni…)
Inverno 2003, sono stato alla stadio, Torino e Fiorentina, campionato di serie B, hanno pareggiato.
Salgo in auto per tornare a Vercelli, parto, accendo la radio. C’è il radiogiornale. Al termine, una notizia curiosa.
Arabia Saudita, un maestro elementare costretto al pensionamento per ragioni di età. Ha infatti compiuto cent’anni. Ha fatto il maestro per trent’anni, dai 70 ai 100. Ora dovrà accontentarsi di andare e vedere la sua vecchia scuola da fuori, andandoci in bicicletta.
Mi piacerebbe fare il maestro. Andare a scuola ogni mattina, in bicicletta. Fino cent’anni.