Per esempio sabato, questo sabato, 23 ottobre.
Alle 11 circa sono in un bar di un centro, a un’ora di macchina da casa mia. Ho accompagnato mio figlio (13 anni a gennaio) a un torneo di basket. Mio figlio ha giocato la sua prima partita e io sono nel dehors del bar, con computer e due libri nello zaino***.
Sono stanco: ho dormito meno di quattro ore. Prendo un caffè macchiato, poi un altro, vorrei o leggere o lavorare. Non posso. Troppo stanco per essere concentrato mentre delle persone parlano.
Il dehors è piccolo, il bar è l’unico nelle vicinanze. O sto lì o mi rinchiudo in auto, mi dico.
Le persone che parlano mi fanno pensare.
Non parlano né di covid (per fortuna) né del nuovo governo (avrei ascoltato con piacere).
No. Si tratta di persone che sbagliano i congiuntivi, mentre parlano (anche mio padre li sbaglia: se non hai potuto studiare vuol dire che… non ha potuto imparare il congiuntivo), e soprattutto parlano di cose di cui, a me, frega niente.
Parlano di pastiglie di freni e di dischi dei freni. Quanto costa rifarli a questa macchina, quanto costa per quest’altra…
Come saranno le pastiglie dei freni?, mi domando.
Mai avuto la curiosità di verificare. Ma son tante le cose di cui mi frega niente, cose e anche persone (un esempio a caso: Briatore; se leggo un titolo su di lui, cerco altro).
Insomma, penso che devo alzarmi, sgranchirmi le gambe,. sopravvivere fino alle 18 quando tornerò.
Ma ecco che quando sto per andarmene arriva una signora anziana. Cammina con l’aiuto di un deambulatore. Si avvicina, dice: Chissà se mi portano un caffè macchiato?
I cinque che mi stanno sfrucugliando le palle con i loro discorsi su pastiglie e dischi dei freni si alzano. Una va al bar a chiedere il caffé macchiato, gli altri fanno posto alla signora e l’aiutano ad accomodarsi.
Mi fermo anche io, ancora un po’.
*** I due libri che sto leggendo sono: Padri di Giorgia Tribuiani, e Intrigo bretone di Jean Luc Bannalec.