Giovedì 20 luglio 2006. Ho 49 anni, ho pubblicato due libri, dirigo il giornale La Sesia da un anno. Uno dei due libri pubblicati si intitola Lo scommettitore, casa editrice Fernandel.
Quel giovedì sono a Torino, negli studi Rai. Invitato per un’intervista dalla trasmissione Fahrenheit, allora diretta da Marino Sinibaldi. Fa caldo e sono teso: mai stato intervistato, prima.
Due cose.
Uno: non mi sono mai riascoltato.
Due: quell’intervista, e il fatto che poi i radioascoltatori votassero Lo scommettitore come “Libro del mese Fahrenheit” fece sì che su di me ci fosse un certo interesse (agenti letterari, giornalisti, editori).
L’intervista è QUA
Non mi sono mai riascoltato, dicevo. So che sarei ipercritico, perché le cose si possono sempre dire meglio (e io non sono brillante). Ma c’è un’intervista che vorrei riascoltare. Un mattino d’inverno, era appena uscito Bastardo posto e io ero alla stazione con mio figlio, che avevo un anno e mezzo. Lo portavo a vedere i treni, poi lo avrei consegnato a mia madre e sarei corso in redazione. Squilla il telefono. Una radio lombarda (non ricordo quale) mi chiede un’intervista, appunto su Bastardo posto, ma subito subito. Spengo il toscano, prendo mio figlio in braccio e gli faccio cenno (il dito sul naso) che non deve parlare. L’intervista dura poco, cinque minuti, e tutto fila liscio fino ai saluti finali. Quando l’intervistatrice dice “Salutiamo Remo Bassini…” mio figlio si avvicina al telefonino e dice “Ponto, ponto…”:
Ecco, vorrei riascoltarlo quel finale.