Quando ti stroncano un manoscritto (che poi diventa un libro premiato, per di più)

Vecchie mail con invio di manoscritti e risposte, perlopiù negative.

Forse non morirò di giovedì:
una risposta:
Mi spiace, ma il libro è scritto male: troppe digressioni. Il tuo personaggio non riesco proprio a farmelo piacere, mi spiace.

Altra risposta:
Il libro ci è piaciuto, ma non al punto di sceglierlo per una pubblicazione.

Poi arrivò una telefonata da Golem.
Che lo pubblica e poi la propone al Concorso letterario Città di Cattolica: primo posto, ex equo insieme a un libro edito da La nave di Teseo.
Primo tra cinquecento, disse nel corso della premiazione il presentatore.

Ma torno alla prima mail.
Rispetto le opinioni di tutti, ora non scrivo per rivalsa (chi me la inviò è un buon editore, uno, per intenderci, che legge anche i manoscritti degli esordienti).
Quando la lessi non passai una bella giornata, ma oramai ero avvezzo a qualsiasi risposta. Bocciature, ma non solo: anche mail da incorniciare (soprattutto per due libri: Bastardo posto e La donna di picche).

Quella mail che stroncava “Forse non morirò di giovedì” dicevo: l’avessi ricevuta quando scrissi il primo libro mi avrebbe mandato al tappeto. Sarebbe stato un kappaò violentissimo.
Nessun giudizio è perfetto: né quello di un editore che ti stronca né quello di una giuria che dice che sei stato il migliore.

I giudizi son come “le nuvole di DeAndré”: vanno, vengono, qualche volta si fermano.



La recensione di Forse non morirò di giovedì su Il Fatto.

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