Nel blog di Matteo B. Bianchi leggo di un concorso, proposto da Feltrinelli.
Scrivere qualcosa, un miniracconto, un aforisma, qualcosa di furbo (forse) in 128 battute.
La sintesi della sintesi della sintesi, insomma.
Io a volte son cose che faccio: per conto mio.
Quando cerco di immaginare una possibile quarta di copertina o di un mio libro o di un manoscritto che ho letto.
Quando c’è la riunione di redazione, io ai miei giornalisti chiedo sempre uno sforzo: perché la sintesi della sintesi della sintesi di quel che è avvenuto a me serve, poi, per fare i titoli della prima pagina.
Richiesta che resta, nonostante la mia insistenza, inevasa.
Ho sette giornalisti, in pianta stabile al giornale. Età media, quarant’anni (forse un po’ di più).
Nessuno di loro ha un blog, solo da poco tre quattro di loro sono su Facebook (ma è come se non ci fossero).
Insomma: usano la posta elettronica, usano internet, ma su internet ci passano poco tempo. Che coincide col lavoro in redazione.
Son certo, invece, che alcuni collaboratori giovani dotati di iPhone sarebbero più portati: a fare la sintesi della sintesi eccetera.
Insomma: nei giornali – è il lavoro di tutti i giorni – si è portati a fare la sintesi: da 3mila battute a 1100; da 1100 a 450; da 300 a 128; ma da 3mila a 128 – evidentemente – no.
Nella foto (da un iPhone) parte della mia redazione (femminile) durante la chiusura del giornale.