La morte c’è, ricordatelo sempre, ma non aver paura di lei, pensa ai tuoi sogni.
Ci sei tu, amica di un anno, dietro a questa frase.
Io avevo ventisette anni, vivevo di fretta, avevo degli obiettivi, una scommessa da vincere. Laurearmi lavorando, laurearmi senza essere mai bocciato a un esame.
Avevo scommesso con me stesso: se mi bocciano a un solo esame prendo il libretto e lo distruggo.
Letteratura moderna e contemporanea, 28.
Psicologia dinamica, 30.
Storia medievale, 27.
Storia romana, 30.
Geografia, 29….
Il primo anno, lavorando in fabbrica, non c’è male, no?
Tu avevi diciannove anni.
Tutti trenta e lode il primo anno.
Latino, Greco e non ricordo.
L’anno successivo (per te il secondo) seguimmo un corso insieme, Glottologia.
Ricordo la prima volte che ti vidi. Pensai: cazzo ha questa da ridere sempre?
Non sapevo: avevi scommesso anche tu.
Che saresti vissuta, sopravvissuta.
Ma lei signorina, ti aveva detto l’oncologo, è sicura di arrivare a questa estate?
Eri sicura: volevi andare in Olanda e ci andasti.
Mi portasti un aquilone.
Ma restiamo a quell’anno, quando ti conobbi.
Un giorno a Torino, abbiamo un’ora buca.
Prima ci compriamo una focaccia, poi.
Che dici, facciamo due passi al Valentino?, mi dicesti.
E così fu.
Era primavera.
Mi domandasti, mentre raccoglievi un fiore: Ma tu li senti questi profumi?
Mica li sentivo.
E poi mi dicevi di quel che avresti fatto dopo la laurea (e io che pensavo al tuo medico, alla tua felpa, ché sotto c’erano i lividi per via delle flebo).
Hai vinto una grande scommessa amica che vedo raramente, a distanza di anni.
Ma mi insegnasti tanto, sai?
A pensare alla morte, sempre, e a non pensarci.
(Ma a quel medico hai raccontato che dopo 25 anni hai sempre voglia di andare in Olanda?)
E’ una storia talmente forte che mette le radici e poi fiorisce, piena di foglie verdi.
Brava, Maria Lucia: chi vive per morire, muore per vivere.
Che bella storia… Dobbiamo vivere come se la morte non esistesse ma per farlo bene dobbiamo pensare che è sempre accanto a noi.
Fa piacere ogni tanto leggere una storia del genere a lieto fine. Bellissima.
carla, è vera e incompleta anche.
mi ricordo di lei, per esempio, quando si usa fare il gioco più cretino e malefico: parlar male degli assenti.
se ne andava a guardare il cielo, ché era meglio.
ed era generosa, sempre…
una volta pianse… per colpa mia.
c’era un preappello.
dovevo presentarmi ma non potevo. per lavoro.
le domandai: puoi andare tu al posto mio?
basta che spieghi al docente che non son potuto andare, poi l’esame posso sostenerlo quando vuole lui.
si trattava solo di iscriversi, insomma.
lei andò e que docente la cacciò via, dicendole che l’università era una cosa seria.
ma non era generosa solo con me…
È stupenda questa storia Remo…