Lo Sgrumpio
Rincasando verso le diciotto e trenta di un venerdì d’Ottobre, Miss Girasole trovò sul suo zerbino un grosso scatolone. Sulle prime restò sorpresa perché si trattava di un cubo anonimo, ma poi si ricordò che aveva ordinato dei vestiti su un sito di moda dark, martedì sera.
Emozionata e stupita per la rapidità della consegna, si infilò in casa e lo depose sul tavolo della cucina. Vestiti nuovi!
Accese la luce, si sfilò la giacca e aggredì il cartone con le forbici per strappare lo spesso nastro adesivo che lo sigillava.
“Chissà perché non c’è allegata la bolla di consegna” si disse mentre gettava nella spazzatura i nastri. “Sarà andata persa, il nuovo postino chissà dove ha la testa”.
Le sfuggì uno strillo: lo scatolone si era leggermente mosso. “Non è possibile!” si disse tremando leggermente. Prese fiato, aspettò qualche secondo e infine sollevò i bordi, con cautela, per guardare (da una certa distanza) il contenuto del pacco.
Non erano vestiti.
Il primo impatto fu traumatico, ma poi lo spavento si trasformò in una piacevole scoperta: i vestiti non c’erano, certo, ma il contenuto della scatola era un qualcosa di altrettanto carino.
Era difficile da definire: indubbiamente si trattava di un animale, un… mammifero? Piccolo, peloso, sembrava l’incrocio tra cane, cavallo, gatto, cervo, leone e pantera. Emetteva flebili mugolii che ricordavano, soltanto vagamente, quelli di un gattino appena nato.
Sì, un gattino appena nato a cui stanno strizzando la coda, magari.
Quell’ibrido adorabile ed indefinibile coso finì col chiamarsi semplicemente Sgrumpio. Nonostante le accurate ricerche su wikipedia (il sito del sapere), l’animaletto paffutello e salterellante non corrispondeva a nessuna descrizione. Un alieno? Una mutazione genetica andata a male? Una creatura dell’isola-che-non-c’è? Be’, Miss Girasole non l’avrebbe mai saputo, però era troppo carino per resistergli. Carezzò il suo pelo tiepido: sarebbe stato suo, senza chiedersi chi fosse il reale proprietario o da che misterioso paese esotico provenisse.
Lo Sgrumpio cresceva a una velocità sbalorditiva.
A un solo mese dall’arrivo ad ogni movimento seguiva immediata rottura, compresa quella del vaso di ciclamini che a Miss Girasole piaceva così tanto.
A due mesi dall’arrivo era troppo grasso e grosso per passare dalla porta.
A tre mesi per dargli da mangiare era necessario salire in soffitta e gettargli cazzuolate di sbobba nelle fauci. Sì, perché la sua testa ormai sbucava dalla finestra del soggiorno.
La sua fame era graziosamente proporzionata alla sua stazza
Inutile dire che Miss Girasole fosse un tantino preoccupata.
La situazione era degenerata irrimediabilmente: lo strano animale non smetteva di espandersi. Non solo non si nutriva più di scatolette o croccantini ma ingeriva qualsiasi cosa trovasse: tavoli, sedie, libri, che divorava come se al posto dello stomaco avesse una voragine.
Lo Sgrumpio era di buon carattere, d’accordo, ma la sua dimensione stava diventando imbarazzante.
E non solo la dimensione: quella bestia faceva cacche immense, che piovevano improvvise dal terrazzino su cui erano poggiate le sue terga. Schizzavano violentissime sull’asfalto sottostante e il fetore devastava le narici di chiunque per chilometri. La polizia, dopo le numerose segnalazioni pervenute, intervenne in grande stile. Forze speciali si disposero sui tetti circostanti in vigile e costante osservazione del Fenomeno. Che fare?
Urgeva la soluzione finale.
L’intenzione delle A.F.A.S. (Ardimentose Forze Anti Sgrumpio) era: lo prendiamo e lo ficchiamo in gabbia. L’intenzione, insomma, era buona, però nessuno sapeva come estrapolarlo. Tentarono di tirarlo fuori in tutti i modi: con pesanti funi, pesanti arieti, pesanti carri attrezzi manovrati da pesanti pompieri. Ma mentre le mura della casa si sbriciolavano come un castello di crackers, la maledetta bestia restava dove era.
I media avevano trovato molto interessante la faccenda ed erano massicciamente intervenuti con fastidiosi servizi per il telegiornale in cui pretendevano a tutti i costi di intervistare la povera Miss Girasole, riprendendo per noiosissime ore il terrazzino da cui sporgeva il culo dello Sgrumpio (sperando nell’evento cacca).
Divenne insomma un vero e proprio spettacolo: accorrevano genti, padri madri e bambini, tutti col naso in su ad osservare la scena. Si proponevano svariate ed improbabili soluzioni (qualcuno suggeriva una guerra lampo, altri speravano in un aereo kamikaze che si lanciasse contro l’edificio). Tutti insomma avevano la risposta, anche se nessuno sapeva la domanda. Lo Sgrumpio strillava nel frattempo la sua stizza sgrumpiesca, con evidentissimo disturbo per la quiete pubblica e privata. Alcuni furbastri approfittarono dell’occasione per vendere ai curiosi untuose frittelle, magliette personalizzate e, sottobanco, si scommetteva sulla sorte della bestia.
Alla fine si optò per: IL TIRO ALLA FUNE PIU’ GRANDE DEL MONDO.
La fila si estendeva a perdita d’occhio e tutti coloro che avevano deciso di parteciparvi si impegnarono come non mai, perché era diventata una questione di orgoglio: uomo contro animale.
L’evento venne ripreso dalle televisioni di mezzo mondo. L’altro mezzo tirava la fune.
Finì come finì, i giornali ne parlarono per settimane: gli animalisti a difendere lo Sgrumpio e i media a diffondere fino a stordire le foto tessera delle vittime da schiacciamento-effetto-domino. Si celebrarono solenni funerali e per l’occasione Eltongionn scrisse ed eseguì un brano davvero commovente.
Fattosta.
Fattosta che Miss Girasole, quella famosa sera di Ottobre verso le diciotto e trenta, quando vide lo scatolone anonimo davanti al portone, decise di riportarlo subitissimo all’ufficio postale perché sì, è vero che aspettava un pacco di vestiti dark, ma senza uno straccio di bolla di consegna non avrebbe mai e poi mai accettato alcunché.
Fine.