Racconti a 4 mani/9

Il foglio bianco è davanti a lui

Demetrio è seduto nel salotto di casa sua. Cerca di scrivere, ma non riesce. Il foglio è bianco davanti a lui.
Guarda l’orologio e vede, perplesso, che segna l’una e venti. La neve cade piano. Non c’è vento e delicati fiocchi si posano sonnolenti sulla strada vuota.
Demetrio è seduto alla scrivania, attorniato da pagine scritte, ma non riesce a comporre nulla. Il silenzio lo aiuta, ma la luce intensa della lampada gli affievolisce la vista e i contorni delle parole sono meno definiti.
Giulio ha mostrato alcuni scritti di Demetrio al redattore di Segnale per nottambuli, una rivista di recensioni online fondata da un collettivo di scrittori, che ha una smodata reputazione di sito web vivace e autorevole. Così ora Demetrio fa parte di una squadra di sette persone che recensiscono romanzi ed è assediato da scatoloni pieni di libri. Riesce a recensirne tre, anche quattro per volta, impegnando almeno trecento parole sul romanzo più rilevante e una frase di una quarantina di parole sui cosiddetti minori.
Ha imparato sulla propria pelle cosa si può e non si può scrivere in trecento parole. Certe trame non si possono sintetizzare tanto facilmente, si può solo abbozzare una situazione, suggerire una somiglianza. Nei manuali consigliano di limitare l’uso di aggettivi ma, talvolta, non è proprio possibile.
Pauroso, mediocre, vago, debole, spiccio, violento, confuso, coinvolgente, suggestivo. I luoghi comuni sono tali proprio perché stringati, pratici e visionari, ma Demetrio elabora un metodo del tutto personale. Rinuncia a luminoso e a fervido, a spassoso e a farsesco, a mitico e a banale. È stata dura ma, secondo lui, ce l’ha fatta e ora è contento dei risultati. Il suo è un modo di giocare equo. Una frase sferzante deve essere bilanciata da un’altra del tutto circostanziata.
Tutte le settimane, al sito, arrivano le mail di tre o quattro autori che fanno notare, con parole sdegnate, quello che non è stato scritto del loro libro.
Contribuire alla rubrica è una considerevole integrazione al reddito di Demetrio, non tanto per ciò che scrive quanto per tutti i romanzi che fa vendere attraverso il sito. A ogni libro è associato un valore ben preciso: in questo modo Demetrio sa esattamente quanto guadagna sulla vendita di ciascuno. Si considera uno specialista nel  capire come non si deve scrivere un romanzo.
Sopra la credenza c’è in bella vista una pila di libri di Anton Cechov. Sta preparando una serata dedicata a Sachalin, l’isola dei deportati.
Vorrebbe abbandonare quella pagina bianca e preparare al meglio la serata sul maestro del racconto, ma sa che non deve. Quello che ha iniziato va terminato.
Posa la penna e prende il foglio tra le mani. Rilegge quello che ha scritto, solleva gli occhi verso la finestra e accartoccia il foglio. Avverte una contrazione al cuore, si sente vile, debole, confuso, spossato. Si copre gli occhi con il palmo della mano. Non riesce a trovare il bandolo della matassa. Si impone di essere più sobrio di emozioni, minuziosamente imparziale. Scrive, e mentre scrive pensa a quanti multiformi legami ci sono tra letteratura e vita. Tra la letteratura che scorre tra le sue mani e la sua vita. Rammenta quando era bambino e correva nel cortile in cerca di quelle che, allora, sembravano fantastiche avventure. Lì, in quel cortile, aveva provato i più intensi momenti di gioia e di ottimismo della sua vita.
Era tutto molto più semplice, quando era bambino. Poteva permettersi di dire o di scrivere qualsiasi cosa, anche la più sfrontata, senza paura e senza rimorsi. Fin dalle elementari aveva dimostrato una fantasia senza pari, una notevole proprietà di linguaggio e la capacità di raccontare e di scrivere storie avvincenti, suggestive. Erano sufficienti poche parole, una frase da usare come incipit, il titolo di una canzone, per dare vita a racconti che tenevano incollati al banco di scuola, totalmente assorti nella narrazione, i suoi compagni di classe.
La maestra prima e poi gli insegnanti delle scuole medie si congratulavano con i suoi genitori per le grandi capacità che dimostrava e consigliavano di iscriverlo al liceo classico e, perché no, alla facoltà di lettere. Demetrio seguì il sentiero indicato dai propri insegnanti; anzi, a sua volta divenne insegnante di italiano. Con la maturità, però, aveva perduto quella freschezza e quella naturalezza che lo avevano contraddistinto. Tutta quella sincerità e quell’assenza di pregiudizi nel dare la propria opinione sui più disparati argomenti sembravano perdute.
Ormai tutti si aspettavano cose ben precise da lui. Poteva anche recensire un libro che non gli fosse piaciuto affatto usando parole poco entusiaste oppure mostrando una certa freddezza. Di certo, tuttavia, non avrebbe mai potuto consigliare di non acquistarlo oppure decretarne la bruttezza con sentenze inappellabili.
Se mai avesse osato tanto, oltre a essere espulso dal Segnale per nottambuli, con la conseguente perdita dei preziosi introiti sulle vendite, si sarebbe fatto troppi nemici tra scrittori e recensori, che avrebbero potuto ostacolarlo – un domani – se avesse tentato di diventare egli stesso scrittore.
Però, quel foglio bianco davanti a lui è un irresistibile richiamo. Quel libro non gli aveva regalato una minima emozione; anzi, in alcuni passaggi, la confusione e la noia avevano raggiunto livelli così elevati che era stato costretto ad abbandonarne la lettura. Salvo, poi, riprenderla poche ore dopo per evitare di trovarsi troppo in ritardo con le letture successive.
Quel foglio è così bianco. Demetrio guarda fuori dalla finestra; una coltre bianca, spessa circa una spanna, ricopre il cortile e la strada deserta. La neve è così candida e immacolata che dispiace uscire a calpestarla, a rovinarla.
Quel foglio è così bianco e lindo, che pare un peccato lordarlo con parole vuote, false.
Demetrio si alza in piedi e osserva pensieroso quel foglio bianco davanti a lui. Si volta, spegne la luce ed esce dalla stanza. Nel buio, quel foglio bianco risplende del riverbero della neve.