pensieri sciolti

Il blog è una cosa strana: come si attorciglia su se stessa oppure si sfila.
Così c’è stato un giorno e poi un altro e poi un altro ancora in cui non avevo nulla, ma proprio nulla, da dire.
Avrei potuto dire che il gatto si è procurato una brutta ferita.
O che mi sono fatto una cultura con youtube prima su annozero, che non riesco mai a vedere, poi (per par condicio) su Natuzza Evolo e sulle strane coincidenze tra la vita di Gesù Cristo e il dio egizio Horus.
Per la verità, non rammento quando, ho pure iniziato a scrivere un post sui ritardi di pubblicazione di un libro: io una volta ho aspettato due anni e più.
Poi, un altro giorno, ricordo che, davanti al pc, ho pensato: cosa racconto, Questa, questa o questa?
Avevo in mente storie sentite, viste, un ricordo.
Nel dubbio ho postato Antonia Pozzi, che è giusto conoscere.
in realtà vorrei scrivere qualcosa di più profondo rispetto ai soliti ricordi o ai soliti quadretti.
Son giorni di insofferenza, questi.
Anche perché è tempo di elezioni e io, nella veste di direttore di un piccolo giornale di provincia (ma Prima comunicazione mi ha dedicato un pezzo) sono al centro delle attenzioni dei politici vercellesi.
Alcuni di loro hanno il senso del tempo che fugge, altri no. Impiegano due ore per dirmi cose semplici semplici, basterebbero dieci minuti.
Poi.
Sono in attesa.
Di un agente. Ho aviuto un’esperienza negativa, una volta, ora sto ipotizzando di ritentare. Ho chiesto a tre, che mi han risposto picche. Hanno già un numero elevato di scrittori da seguire, e manoscritti da leggere.
Vediamo cosa rispondono altri due.
E sono in attesa di risposte da un po’ di case editrici a cui ho inviato Il quaderno delle voci rubate per una possibile ristampa.
Ma l’editoria, a sentire agenti ed editori, sta messa male, ora.
I librai prenotano meno libri, oppure prenotano i soliti libri, la gente ancora compra, ma chissà se continuerà a comprare.
La crisi che si intreccia con la paura della crisi che, quindi, acuisce la crisi.
Per i giornali la crisi c’è; ma non per quelli piccoli come il mio. E ne sono contento. Mi sento responsabile di 15 buste paghe (senza contare gli 80 collaboratori).
Detto questo, taccio, non rileggo e vi saluto, che sono le 22 e 33 e devo ancora cenare.

di voi che resta antichi amori?

Chissà cosa mormora il vento
stasera col suo lamento
dietro la porta laggiù,
di già il caminetto s’è spento
io chiudo gli occhi e rammento
gli amori di gioventù

di voi che resta?
antichi amori giorni di festa
teneri ardori
solo una mesta foto ingiallita
tra le mie dita
di voi che resta sguardi innocenti
lacrime e risa e giuramenti
solo sepolto in un cassetto
qualche biglietto

rivedo un viso
mormoro un nome ma non ricordo quando né come