Partiamo dai libri: a prescindere che io ne scriva o meno resterò sempre fedele alla carta per un fattore, diciamo, autobiografico.
Mi rivedo a 6 anni, è natale, che, sul letto, leggo Il gatto con gli stivali. E mi rivedo, davanti a una vetrina, incantato dalle copertine di David Crockett a Baltimora di Tom Hill, o de I pirati della Malesia, di Salgari.
Me li sognavo di notte, io, i libri: perché i soldi, a casa mia, per comperarne, non c’erano. Ogni libro comperato era una faticaccia, dieci lire più dieci lire più dieci lire, ma anche il coronamento di un sogno. Libri e fumetti, naturalmente (Tex Willer, in particolare).
La lettura, quindi, fu la mia prima passione, preferibile all’altra passione, quella dei film: preferibile perché durava di più. Un libro potevo rileggerlo, un film non potevo riguardarlo.
Poi, verso i quattordici anni (insieme alle ragazze) son nate altre due passioni: per il calcio (sono un grande tifoso della Fiorentina) e per la politica.
Passioni che son rimaste. E che metto alla prova. Facendo pronostici, appunto, calcistici e politici.
Quelli calcistici, fino a qualche anno fa, avevano una controprova: la schedina del totocalcio. Con un sistema proletario (tre doppie, qualche volta quattro) ho fatto una decina di dodici, mai un tredici insomma.
Per i pronostici politici, nazionali e locali, mancando la schedina, a volte uso il blog a volte il giornale (che dirigo).
Ha sbagliato un grande pronostico, nazionale, due, tre, quattro anni fa, quando sostenevo che, prima o poi, sarebbe risorta, con altra denominazione, la democrazia cristiana.
A livello locale, ma qui ho solo dei testimoni, ho invece azzeccato sempre, due settimane prima del voto, chi avrebbe vinto o le comunali, o le provinciali, o le regionali.
Oggi la politica mi sta nauseando. Leggo i titoli, ben che vada. Ma nel 2003 leggevo, ancora, con attenzione, più di un giornale. (E poi: anche il mio percorso universitario, laurea in lettere con indirizzo storico, aveva lasciato il segno. Ho avuto dei bravi di docenti, Tranfaglia, Vivanti, anche dei discreti compagni di banco: tanto le lezioni di Tranfaglia che quelle con Vivanti le ho seguite con Marco Travaglio. Lui, di sicuro, ha più strumenti di me. Cimnque anni fa gli telefonai, per un’intervista. Gli dissi: scommettiamo che Casini e Rutelli riescono a far risorgere la vecchia balena bianca? Non ne era convinto, lui).
Comunque, torno al 2003.
Una sera penso a questa mia mania, di scommettere sui candidati: vince questo o vince quest’altro.
Mi dico: ci devo scrivere un libro.
Lo scommettitore, appunto (con post fazione di Marco Travaglio, appunto).
L’idea iniziale era quella del potere che corrode, corrompe, avvelena, cambia le persone. Poi quella parola, “scommettitore”, mi portò a percorrere altre strade. Le percorsi: scrivendo. Pagine e pagine di incipit da buttare via finché un giorno arrivò l’idea: lo scommettitore è quello che fa vincere il candidato per cui lavora.
In ogni caso. Ho altre, chiamiamole così, passioni: per esempio andare a camminare, magari col cane, al fiume.
Oggi non posso.
Oggi lavoro. E’ tempo di elezioni, qui.
Purtroppo della politica leggo anch’io i titoli, ben che vada.
certo che non è un bello spettacolo sta politica, sia a livello nazionale – che figura queste firme raccolte o non raccolte- e gli scandali appalti e glia affari loschi fatti da compagnie telefoniche che poi subappaltono a call center esterni imponendo prezzi difficili da reggere e poi a livello locale ne avrai da scrivere di nefandezze dei politici
Non ti invidio e non mi invidio
Elisa
Mi è piaciuta molto la prima parte del post, dove mi sono identificato per le passioni infantili e adolescenziali (libri, fumetti, cinema), con la difficoltà derivante dall’esser nato in una famiglia di operai. Il mio primo libro letto? Viaggio al centro della terra, di Jules Verne. Poi è venuto tutto il resto. E valanghe di albi di Super-eroi Corno, e Tex, Zagor, Mister No, Il grande Blek, Capitan Miki.
Per la politica penso sia un’occasione mancata. Ho letto tanto negli anni ottanta, e dibattuto con gli interlocutori più vari. Poi ho perduto interesse, col tempo.
Continuo a dire: peccato per questa dilagante disaffezione alla politica militante, anche solo consapevole, opinionista… Duole pensare alla cesura intercorsa tra il cittadino e le stanze della politica, dalle quali escono spesso solo messaggi demagogici, tecnicismi o locuzioni svuotate di senso. Penso che bisognerebbe ritrovarsi su un terreno comune di confronto, che su questo si basa il nostro futuro. Ma poi la vita mi scorre rapida tra le mani, come la sabbia, e la mia vita sembra avere, per ora, diverse priorità. Forse sbaglio, forse è solo un periodo. Forse, cercando di incidere sul mio quotidiano, affiancando il pensiero all’azione, in qualche modo minimalista faccio “politica”.
Anche la scrittura è politica, a ben guardare.