Scrittori di talento. E il talento del tornio

Due cosette da poco, oggi.
La prima è sulla lettura dei manoscritti, la seconda sul talento.

Allora, l’incipit che segue è cosa nota.
Una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso. Era disteso sul dorso, duro come una corazza, e alzando un poco il capo poteva vedere il suo ventre bruno convesso, solcato da nervature arcuate, sul quale si manteneva a stento la coperta, prossima a scivolare a terra. Una quantità di gambe, compassionevolmente sottili in confronto alla sua mole, gli si agitava dinanzi agli occhi.
“Che mi è accaduto?” pensò. Non era un sogno.

Franz Kafka, La metamorfosi

Mi chiedo, spesso, rileggendolo e leggendo Kafka: quanti editor, oggi, dopo aver letto questo incipit proseguirebbero a leggere? Di sicuro Giulio Mozzi o Luigi Bernardi, da quel che so di loro sono alla ricerca di qualcosa di diverso, del capolavoro, insomma.
Piacerebbe a Laura Bosio.
Anni fa, però, lessi un’intervista a uno scrittore (affermato). Lessi in fretta e solo successivamente, ripensandoci, capii che avevo sbagliato a non annotarmi chi fosse. Diceva questo scrittore che la grande contraddizione dell’editoria è il fatto che a leggere i manoscritti (quando vengono letti, aggiungo io) siano dei giovani trentenni magari cococo (malpagati, insomma) e non degli editor scrittori del calibro di Parazzoli (mi pare fosse citato lui nell’intervista).
Non ho più trent’anni e nemmeno quaranta:  ma rileggendo La metamorfosi mi domando cosa farei io, se leggesi un incipit così.
Ho un sospetto terribile: lo boccerei.
E’ un gioco che faccio, spesso.

La seconda cosa, sul talento.
Perché chi lavora otto ore al tornio, in fabbrica, ha meno talento di un impiegato di banca, di uno studente, di un giornalista?
Ringrazio Sandra Giammarruto, Lady Pazz, per avermi segnalato questa intervista, che non conoscevo. Dice, De Andrè, cose che ho sempre pensato. Le dice meglio di me, certo.

11 pensieri su “Scrittori di talento. E il talento del tornio

  1. anfiosso, era una provocazione.
    penso mi sarebbe piaciuto.
    però son sicuro che cent’anni di solitudine l’avrei bocciato.
    non mi ha preso, mi ha annoiato e l’ho mollato.
    di sicuro è un mio limite

  2. Sui manoscritti: il gusto dell’editor e la linea editoriale della casa per cui lavora sono imprescindibili nel promuovere o meno un autore. Per questo viene detto da più parti: leggete il catalogo, cercate di entrare in quelle che sono le linee del progetto editoriale. Poi si sa, molti editori hanno dei cataloghi “carrozzone” ma questo è un altro discorso.
    Chissà io, al posto di un editor, se avrei pubblicato Proust, o Joyce – con tutte quelle lungaggini… Eppure sono tra le cose che ho amato di più. Ma era un’altra epoca.
    Sul talento sono d’accordo con Laura Costantini. Per vederlo riconosciuto non basta esser dotati; occorrono consapevolezza dei propri mezzi, disciplina (se non lavori sodo non arrivi da nessuna parte) e determinazione. Più – last but not least – anche un pizzico di ‘culo’ (da intendersi nel senso figurato (fortuna, caso) o letterale del termine (sapersi vendere).

  3. Ma non è di moda oggi essere un talento al tornio. Necessario come il sangue magari, ma non di moda. Come non è di moda fare l’elettricista o il fabbro, mentre il contadino, con l’avvento dell’ecologico, ha ripreso quota. Fare lo scrittore, invece è di modissima adesso, più del pittore e più del musicista che hanno già dato nei decenni passati. Poi c’è il riconoscimento di un talento, lo scoprire un talento nascosto, riconoscere in se stessi un talento, qualsiasi, se c’è. Io so di fare molto bene le cotolette alla milanese. Credo, perchè tutti quelli che le hanno assaggiate hanno fatto il bis. A chi piacciono, ovvio. Ma non credo di avere la passione di fare coolette ogni 3×2 e per tutta la vita. Occorre la passione per una cosa, credo. La passione che ti fa saltare pasti e notti, se una cosa “DEVE essere finita. Questo a mio avviso può fare la differenza. Stare bene dentro una cosa, o accorgersi che non se ne può fare a meno. Forse non farà emergere per forza un talento se non c’è, ma di sicuro non ci farà barare con noi stessi e ci farà vivere meglio. Poi, se sono rose, forse, fioriranno. Bastasse il talento per essere riconosciuti! Ciao Remo.

  4. Sul talento: quando penso al talento, forse sono molto condizionata dalla parabola evangelica (che tra l’altro, pur nella sua apparente durezza, è la mia preferita); talento per me è ciò che sappiamo fare bene, una capacità che ci contraddistingue, e che, unita alla passione e alla determinazione, dà valore alla nostra persona, un grande valore. Quindi per me un operaio che esercita il suo talento per otto ore al giorno è pari a chiunque altro eserciti il proprio talento, e superiore a chi lo trascura, lasciandosi vivere… :-)

    Sui manoscritti… è così, credo che le possibilità o meno di un manoscritto di essere pubblicato dipendano molto dalla persona specifica che lo legge (o lo inizia…), cioè proprio anche dal suo gusto soggettivo e da altri fattori simili. Con me Kafka avrebbe avuto comunque la strada spianata: sono una sua lettrice convinta, e partii proprio da quell’incipit lì! ;-))

  5. Mi ha fatto sorridere De Andrè quando parlava del fratello. Pensavo ai miei figli, lui super lei votata alla sufficienza. Lui che lavora in una multinazionale si lamenta che il capo lo fa sentire cretino, lei che gli dice “benvenuto nel mio mondo”-
    A parte questo, altri pensieri. Frequentando il blog mi sono resa conto di quanta gente scriva dipinga in modo apprezzabile e faccia i lavori più strani, che mai ti aspetteresti, non so, che il tuo meccanico scriva poesie e stia per pubblicarle in un libretto.
    E’ che bisogna scoprire di averlo, il talento, e non averne paura. Poi, il talento non è solo artistico. Un talento magari è anche capire le persone, e saperle rasserenare.
    Remo, tocchi sempre argomenti infiniti (da svolgere).

  6. penso che il peggio si tocchi con gli scimmiottatori di bukowski…

    E quanti se ne vedono in giro. Io comunque continuerei a leggere, fossi un editor. Mai scelto un libro dall’incipit o dalla copertina. Io apro a caso, leggo qualche riga, annuso.

    Riguardo al talento: probabile che molti lo abbiano, ma la differenza la fa l’esserne piu’ o meno consapevoli e lottare fino allo stremo delle forze per rivelarlo al mondo. Conosco un sacco di gente che scrive da Dio, ma non hanno alcun interesse a far conoscere cio’ che scrivono. Sono scelte.

  7. sulla lettura dei manoscritti ci sarebbe molto da dire. quando faccio leggere un testo a qualcuno ricevo opinioni anche molto diverse. ad ognuno colpisce qualcosa, ognuno trova ‘cose belle’ che quasi mai combinano con le cose belle preferite dagli altri. c’è chi trova poco chiaro un passo che ad altri sembrava chiarissimo, c’è chi non ama una metafora che un altro trova strepitosa.
    e ognuno di loro mi segnala ‘errori’ (non grammaticali, ovvio, di esposizione o di senso, oppure ridondanze, ripetizioni) diversi.
    dopo questa esperienza mi convinco sempre più che mandare un romanzo ad un editore e avere un riscontro positivo sia come fare un terno al lotto :)

    sul talento: certo che lo possono possedere anche persone che non lo sanno o che pensando di non poterlo esprimere. lavorare al tornio è già un talento. lo so perché ho provato e mica è facile

  8. A chi fa otto ore di tornio non manca il talento artistico (quello è una cosa che abbiamo tutti, chi più chi meno), manca il credere di poterlo avere, e soprattutto manca qualcuno che possa pensare che anche un tornitore ce l’abbia. Questo è un mondo di etichette, una volta che te ne viene appiccicata una è difficile staccarsela.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...