Vita di redazione.
Chiedono di essere ricevute da me, sono giovani, timide, gli abiti lisi.
Vorrebbero che il giornale si occupasse del loro caso: stanno per essere sfrattate, questione di giorni, e non sanno dove andranno a vivere.
Poi mi raccontano un po’ della loro vita, del padre che ha perso il lavoro, dei debiti, della mamma che è morta.
Va bene, dico, uscirà un articolo.
Senza il nostro nome?, domandano.
Senza il vostro nome e cognome, dico.
Prima di andare, ormai sono in piedi, la sorella più grande dice alla minore: Ti va di fargliela leggere?
A testa bassa, vergognosa, la ragazzina, fa le medie ha tredici anni, me la porge (e mentre me la porge la sorella più grande, un po’ agitata, mi dice: L’ho trovata io, tra i suoi libri).
Dopo averla letta sono io che faccio una proposta: Posso pubblicarla, naturalmente senza il vostro nome?
Senza il tuo di nome, aggiungo, guardando la più giovane.
E’ una lettera che lei ha scritto alla mamma, morta da anni.
Dice mamma che stai in cielo aiutaci tu, eccetera eccetera.
Il mio giornale pubblica la lettera, e questa storia, per fortuna, è a lieto fino, anzi no, ha un doppio lieto fine.
Primo lieto fine: una signora, dopo aver letto l’articolo, ci telefona.
Almeno le due sorelle posso ospitarle io, la mia casa è grande, dice.
Secondo lieto fine. Si fa viva la padrona di casa. Aspetterà, ha letto anche lei l’articolo, niente sfratto immediato. Forse non sapeva…
Non sono più venute in redazione le due sorelline: anche se ho difficoltà a scriverlo credo proprio che la loro mamma badi a loro.
Mese: febbraio 2011
Bastardo posto sul sito di Franco Abruzzo
L’hai studiato l’Abruzzo?
Cazzo, gli esami all’università erano niente al confronto.
Però “l’Abruzzo”, testo sacro che i giornalisti praticanti devono studiare per sostenere l’esame da Professionisti, è una sorta di bibbia, certo, da aggiornare, ma da riconsultare poi, quando fai il mestiere.
L’Abruzzo per la verità si chiama “Codice dell’informazione
e della comunicazione” ed è, appunto, opera di Franco Abruzzo,” voce” dei giornalisti italiani.
Giornalista, scrittore, docente universitario, sindacalista: la sua biografia la trovate qui sull’apposita pagina del suo sito.
Sempre nel suo sito – e lo dico con orgoglio – ci sono, da oggi, due recensioni di Bastardo posto: quella di Laura Costantini, pubblicata sulla pagina di cultura del Corriere nazionale, Scrittura e pensieri (curata da Stefania Nardini) e quella apparsa giorni fa su Il Fatto Quotidiano (il giornale di Marco Travaglio, insomma).
Le recensioni le trovate qui.
A parte Bastardo posto, il sito di Franco Abruzzo – che è una miniera di informazioni per chi fa il giornalista ma è interessante anche per chi giornalista non è – per me è una lettura quotidiana o quasi, dipende dagli aggiornamenti, che a volte sono più d’uno nell’arco di una giornata, di Franco Abruzzo.
Da oggi, insieme alle ultime sul Corriere della Sera, sui giornali stranieri, e sulle assemblee infuocate al Sole 24 ore, c’è anche qualcosa sul mio romanzo, del resto Abruzzo ospita spesso recensioni di libri scritti da giornalisti.
la fitta sassaiola dell’ingiuria
Giorni difficili.
Ho sempre amato la canzone di Branduardi (che anni fa mi fece conoscere la poesia di Esenin) Confessioni di un malandrino.
Bello il verso
mi piace che mi grandini sul viso
la fitta sassaiola dell’ingiuria
mica vero, però
(in ogni caso
mi piace spettinato camminare
questo sempre)
Sermide, poi Bologna, poi Milano
In questa pagina, della casa editrice che ha pubblicato Bastardo posto, cioé Perdisa, c’è il calendario, con tutte le informazioni, delle presentazioni dei libri Perdisa nei prossimi due mesi.
Domani, quindi, sarò a Sermide mi presenterà Zena Roncada, la blogger nota con il nick Colfaredellenebbie.
Zena è, insieme a Stefania Mola e altre due persone, la persona che meglio conosce tutto quello che ho scritto; non solo: degli ultimi due manoscritti (La donna che parlava con i morti e Bastardo posto), Zena mi ha fatto una sorta di pre-editing.
Sabato prossimo, invece, sarò a Bologna, per una presentazione che è stata organizzata, ma forse sarebbe meglio dire “fortemente volute” da Milvia Comastri (blog Rossiorizzonti) e Anna Maria Riva, addetta stampa di Perdisa. Sabato, prima della presentazione farò un corso nel circolo culturale Armonie e verrò intervistato da radio Città del capo, giornata piena insomma.
Mi presenterà Luigi Bernardi, scrittore, editor, “anima” di Perdisa.
Quando, all’incirca un anno fa, ottenni la restituzione di Bastardo posto dalla Newton Compton (casa editrice che avrebbe dovuto pubblicarlo), inviai il manoscritto ad alcune case editrici, cinque per l’esattezza.
Una non mi rispose (eppure è gente che conosco), una disse no grazie dopo due mesi, una disse Mi interessa, una disse Mi interessa e posso pubblicarlo agli inizi del 2011, Bernardi disse, Mi interessa e lo pubblico a ottobre 2010.
La casa editrice che mi aveva detto Mi interessa e posso pubblicarlo agli inizi del 2011 è una delle case editrici che preferisco, scelsi però di far uscire Bastardo posto con Perdisa che per me significa Bernardi. Lo conoscevo da un anno circa, mi piaceva il suo modo di fare. E sono contento di lavorare con lui anche perché da lui ho solo da imparare.
E’ appena uscito il suo libro, Niente da capire, che ho recensito.
Poi a marzo ètesenterò Bastardo posto a Milano, libreria Centofiori (ne dirò quando sarà ora). Mi presenterà Laura Bosio.
Correva l’anno 1997, io avevo scritto Il quaderno delle voci rubate: e non sapevo dove sbattere la testa. E non sapevo, soprattutto, se era il caso di continuare a scrivere oppure no.
Laura Bosio, allora, aveva appena pubblicato il suo primo libro per Feltrinelli (I dimenticati) e stava cominciando ad essere apprezzata com editor. Viveva a Milano, vive a Milano, ma a Vercelli tornava e torno. Sapevamo ognuno dell’esistenza dell’altro. Così un giorno mi decisi, e le inviai il manoscritto de Il quaderno delle voci rubate. Mi rispose qualche mese dopo, telefonandomi. Mi diede delle dritte sul libro, mi disse che dovevo scrivere, e fu molto convincente. Prima di lei avevo avuto giudizi lusinghieri di parenti e amici, ma non mi ero fidato. Se scrivo lo devo a lei, ché se lei avesse detto che Il quaderno non era un buon libro io avrei smesso non dico di scrivere, questo mai, ma di proporre cose mie alle case editrici.
Laura Bosio ha letto Bastardo posto quando era solo abbozzato.
Tre preentazioni dunque, poi seguirà una quarta a Santhià, che è poco distante da casa mia, con tre presentatori particolari.
Maria Lucia
L’abito non fa il monaco nemmeno nell’editoria. La bontà di un libro, insomma, non la fa il marchio stampato in copertina.
Maria Lucia Riccioli ha scritto un libro, pubblicato da Perrone.
Ho conosciuto Maria Lucia, di persona, qualche anno fa, a Siracusa, dove vive. Poi l’ho letta, quando ha partecipato, in questo blog, ai racconti a quattro mani.
Mi piace come scrive, mi piace (anche se non c’entra) come persona Maria Lucia Riccioli.
Io del suo libro ho letto l’incipit, qualche pagina, la quarta di copertina.
E così, a scatola chiusa, mi sento di consigliarlo.
E un grande in bocca Maria Lucia.
Zia d’america (e pezze al culo)
E’ morta la mia zia d’america.
Fu lei a scattare la prima fotografia dove mi si vede con babbo e mamma. Loro hanno trent’anni, io meno di due. Siamo a Sant’Angelo, Cortona.
Mia zia, dicevo.
Se ne andò da Cortona con, come si usa dire, le pezze al culo, tornò da signora con, come si usa dire, la puzza sotto il naso.
Se ne andò da Cortona perché mio nonno, che aveva giocato e perso a carte la casa e il podere, aveva bisogno di soldi per cercare di ricomprare quel che aveva dilapidato giocando a scopone. Non servì: perchP mio nonno perse tutto e lui e i suoi figli da poveri agricoltori divennero poveri mezzadri; lei, invece, divenne la zia d’america. Negli anni cinquanta, sessanta e settanta, con suo marito, un istriano di nome Gus che aveva conosciuto in Francia, è stata proprietaria di un ristorante a New York.
A Cortona è tornata definitivamente una ventina d’anni fa.
Ho tanti ricordi di lei.
Anni settanta. Lei e il marito arrivano a Cortona con – addiritttura – una valigia piena di sigarette, regalo per i miei zii e mio padre, grandi fumatori. Era bello vedere il colore di quei pacchetti di sigarette e vedere il volto dei miei zii, sembravano me davanti alla Nutella, che si pregustavano grandi fumate. Macché, ne accesero di una marca, di due, di tre: non sapevano di niente quelle sigarette, ché loro erano abituati a fumare il trinciato forte e, nei giorni di festa, le alfa o le esportazioni senza filtro.
Ricordo che una volta mi regalò un dollaro con il volto di Kennedy: la persi e mia madre mi sgridò.
Ricordo che quando parlava di poltica i suoi fratelli scuotevano la testa, non la riconoscevano più: ché parlava male dei comunisti e dei negri.
Ricordo che raccontò di una rapina, nel suo albergo. A mano armata. E originale. I malviventi, appena entrati con volto coperto e pistole puntate su clienti e camerieri, oridinarono agli uomini e alle donne di togliersi pantaloni e gonne.
Ricordo che – anni novanta – si vantava di avere ancora tutti i suoi denti sani. Ma ricordo anche che un mio parente le disse che non era vero, e in effetti aveva ragione lui: aveva impianti e capsule.
Ricordo che – fine anni novanta – fu ricoverata all’ospedale di Cortona. Divenne famosa. Appena si svegliava faceva ginnastica, tra lo sguardo divertito e sarcastico delle altre vecchine ricoverate con lei.
Ricordo che quando rideva rideva come un’americana: sguaiata.
Anche suo marito, Gus, me lo ricordo che ride come un matto: diceva delle emerite stronzate (per esempio: strofinando una sua scarpa sul pelo di un cane, gli diceva: Lucidami la scarpa, aha ,aha, aha, aha) ma rideva solo lui.
Ricordo che quando, sto tornando agli anni settanta, disgustata, parlava dei negri mio padre – che adesso è a Cortona, tra qualche ora la zia d’america, cioé sua sorella, viene sepolta – le disse, come si usa dire: e non ti ricordi che anche tu una volta avevi le pezze al culo?
E va bene così, senza parole
Intervista su Libriblog
Amerò sempre e solo la carta, dico in
dove mi si fa una domanda anche sugli ebook.
Grazie comunque a LibriBlog.
Buona giornata
Poi. La lettura di Bastardo posto della poetessa Cristina Bove.
Ora le spiego perché mi commuovo
Nessuno bada a me, o meglio: se badano a me lo fanno per qualche secondo, c’è niente di male.
Sono le tredici e qualche minuto di domenica e io sono dentro un bar che mangio un panino. Federico Libero detto Cico, il mio bimbo, appena entrati, ha pensato bene di addormentarsi. Tanto meglio. Altrimenti il panino lo avrei mangiato correndogli dietro: ha un anno, cammina da un mese, diciamo che barcolla da un mese.
Lui però è convinto d’essere rambo: e corre, e se vede una scala cerca di farla.
Così io mangio un panino con bresaola e leggo anche il giornale: hanno solo La Stampa, prendere o lasciare.
Non è che per caso ha visto se c’è La gazzetta dello sport?, mi domanda un signore anziano, mingherlino, occhiali con montatura nera, cappotto blu e, cosa che non vedevo da anni, dei batuffolini di cotone nelle orecchie.
La frase – Non è che per caso ha visto se c’è La gazzetta dello sport? – l’ha pronunciata guardando il bimbo; solo quando gli dico, Mi spiace, non ho visto La gazzetta dello sport, mi degna di un piccolo veloce sguardo.
Sembra ipnotizzato dal bimbo che dorme beato.
Però torna a sedersi e io continuo a mangiare con Federicolibero-dettoCico in braccio.
A un tratto – sbadato che sono – vedo che La gazzetta dello sport è in una sedia del mio tavolino. La prendo, mi volto, chiamo il signore, gliela mostro, e lui tutto contento si alza e viene verso di me.
Ma quando gli allungo il giornale mi guarda e, imbarazzato, mi dice: Posso guardare un po’ il bambino?
Certo, gli dico, e lo guardo in faccia.
Non mi guardi la prego, sa, sto per commuovermi.
Dico niente, io.
Si toglie gli occhiali e, in effetti, con la manica del suo cappotto blu, pultio ma un po’ liso, si asciuga il volto da quaklche lacrima.
Tenta di cambiare discorso.
Quanti anni mi dà?
Dico (pensando al mio vecchio): Ottantatré.
Sorridendo mi dice: Novantuno.
Poi, altra domanda. “La domanda”.
Sa perché mi commuovo?
Dico niente, aspetto.
Perché mio padre è morto quando io avevo otto mesi.
Guarda ancora il bambino, un po’ sorride, un po’ torna a commuoversi.
“Bastardo posto” tra gli argini di Sermide
Sul blog di Zena Roncada (Colfavoredellenebbie) si parla di Bastardo posto.
Qualcuno dice che la scrittura di Zena sia la più bella scrittura in rete: forse è vero, anche se la scrittura, di questo ne son convinto, è sempre un incontro.
(Banalizzo, perché il vero lettore sa apprezzare anche le scritture a lui distanti).
Comunque.
Zena, nella sua Sermide, e io quando penso a Sermide penso sempre agli argini, al Po che è grasso e generoso e potente, e ai suoi argini, e se penso agli argini vedo il papà di Zena, grande capo comunista della zona che, nonostante gli anni, va in bicicletta d’inverno tra gli argini e scivola e si fa male, tanto, morirà a seguito di quella caduta, ma prima di morire ai suoi figlii che lo hanno sgridato, “Papà, alla tua età, in bicicletta tra argini d’inverno”, ai suoi fiigli dirà – semplicemente – “sono un uomo libero, io”, e quindi Zena nella sua Sermide, stavo dicendo, presenterà il sottoscritto e Bastardo posto il 18 di questo mese.
Ci son già stato, ospite del comune e della biblioteca, un paio d’anni fa, a presentare La donna che parlava con i morti.
Ci sono presentazioni che lasciano il segno .- e non c’entra né quanta gente c’era né c’entra quanti furono i libri venduti; c’entra solo la gente che ti ascolta e poi parla con te -, come a Sermide, appunto.
Era febbraio, non ricordo se di due o tre anni fa.
Poi Sermide mi è cara per un’altra – piccola – cosa.
Lino, che ha piantato una piccola quercia, dove c’è scritto F. Libero, mio figlio di un anno insomma.
Libero.
Come il papà di Zena.
Bastardo posto segnalato da «il Fatto Quotidiano»
Il “Fatto quotidiano” nella rubrica Libri
(giovedì 3 febbraio pagina 17)
Bastardo posto di Remo Bassini, Perdisa editore, 14 euro
“Bastardo posto” è un giallo sociale che parla di impotenza del giornalismo di fronte ai poteri fortie occulti (mafia al nord e massoneria), e di fronte anche a peccati di cui non si parla (pedofilia pretesca). Mimmo Candito su L’Indice ha scritto che oltre a essere un romanzo è una sorta di manuale di giornalismo, da portarsi appresso.
La copertina di Bastardo posto raffigura un manichino ed è un omaggio a Sciascia. Per Remo Bassini infatti il mondo si divide in uomini e manichini (red).
senza perdere la dignità
Fa freddo e c’è la nebbia. E il cane non fa la cacca: meglio, c’è poca luce e per raccoglierla dovrei abbassarmi troppo.
Mi viene in mente un possibile titolo di un libro, ché mi piace o inventarne nuovi oppure storpiarne di vecchi, poer l’appunto: A piedi nudi sul porco (argomento attuale, no?) (quando arriverò a casa google mi dirà che qualcuno ci ha già pensato: per un film a luci rosse, pare).
Sono invitato a cena da gente simpatica: ho declinato.
Meglio andare a spasso col cane: non mi chiede come va, almeno.
Mi viene in mente una storia, mentre passeggiamo tra la nebbia, io e Toby.
Mentre passeggiavo tra la nebbia a un tratto ho rivisto Maria, ha frenato quando mi ha visto, mi ha fissato, ma forse no, non era lei, sono passati vent’anni da quando ci siamo visti l’ultima volta, possibile che non sia cambiata? (eccetera) è l’incipit e la storia procede, dico tra me: quando arrivo a casa la scrivo (cosa che non accadrà) sebbene manchi il finale (poteva essere un racconto lungo).
Poi, rincasando, mi viene in mente il titolo di questi giorni miei.
Senza perdere la dignità.
Occhio a non perderla, mi dico.
Non la perderò, costi quel che costi, mi rispondo.
Bene, concludo.
Fine del monologo-dialogato.
Il cane intanto, siamo vicini a casa, mi strattona, ché sta per correre dietro a un gatto.
Coglione, gli dico, non vedi che è Mioumiou, ossia il mio nostro gatto: ogni sera, lui, esce, per rincasare verso le quattro di notte, perché sa Mioumiou che io vado a dormire a quell’ora.
Se ne accorge anche il cane che è il mio-nostro gatto, e la smette di strattonare.
C’è nebbia, lo perdono.