appunti sparsi sul pubblicare un libro

Se andate a leggere il primo post del blog che vi ho segnalato ieri (La vera editoria) e se avete un romanzo nel cassetto vi verrà la depressione.
L’autore del post (uno scrittore, ex editor, ora free lance) dice che gli scrittori che hanno pubblicato non la contano giusta.
Non la conta quasi mai giusta, per esempio, chi dice di essere stato scoperto grazie al proprio blog, non la conta quasi mai giusta chi afferma di avere inviato il manoscritto, e basta.
Dice, l’editor ora free lance, che su 10 manoscritti:
3 sono consigliati dalla agenzie letterarie;
6 vengono pubblicati tramite conoscenze di editor o scrittori o amministratori di una casa editrice;
uno solo viene pescato tra i manoscritti inviati.

Non so dire quanto siano giusti questi numeri; le case editrici, si sa, fanno leggere, meglio, fanno sfogliare i manoscritti e, a volte, ne scelgono qualcuno.
Ma la mole dei manoscritti fa anche sì che le case editrici preferiscano leggere quelli segnalati (o raccomandati, fate voi).
La mia esperienza, che è piccola, che è poca cosa, è questa:
si può arrivare alla pubblicazione inviando un manoscritto; certo occorre farne cento di invii.
si può arrivare alla pubblicazione se si conoscono editor o scrittori, insomma se si sgomita; i timidi (e io son tra questi) sono fottuti o quasi; per esempio c’è chi arriva a pubblicare facendosi notare in un corso di scrittura creativa.
si può arrivare alla pubblicazione se si lavora in una casa editrice, magari comne editor (magari poco pagati).
si può arrivare alla pubblicazione inviando il proprio manoscritto a un agenzia letteraria?
da quanto ne so io no; non conosco uno scrittore esordiente, dico uno, che sia stato scoperto da un agente.
Ma magari mi sbaglio, ce ne saranno.
(Piuttosto. Conosco una persona che ha lavorato per un’agenzia, doveva proprio leggere i manoscritti degli esordienti. Il suggerimento che le davano era: dì a tutti che hanno potenzialità. Chiaro: così avrebbero rispedito altro, a pagamento).

E comunque: la logica del “se conosci è meglio, così almeno ti leggono” a me non piace.
Ho scritto un romanzo, due anni fa. L’ho spedito a trenta case editrici. In venticinque non mi hanno risposto. Quattro han detto che no, non interessava. Di queste quattro due mi hanno mandato il parere dei rispettivi editor.
Allora, l’editor numero uno dice per esempio che il punto forte del libro è il finale; l’editor numero due, invece, dice che il finale è il punto più debole…
Mentre attendo che si facciano vivi i venticinque che non mi hanno risposto mi accingo a firmare per Perdisa pop, che pubblicherà il romanzo (Vicolo del precipizio) a fine anno.
Sinceramente: nei giorni pari penso di essere stato fortunato, come scrittore (la Newton Compton che nel 2007 mi contattò dopo aver letto sul mio blog che stavo scrivendo un libro penso sia fortuna, no? Aver conosciuto ed essere stimato da Luigi Bernardi, invece, è sicuramente un evento fortunato); nei giorni dispari no; ma penso anche che la mia “non propensione” a sgomitare, a insistere con editor o critici, non mi favorisca di certo. Ma piangersi addosso non va bene. Va bene leggere, scrivere, studiare, insistere. Informarsi, anche.
Buon sabato
(per ora non piove, a dispetto degli stregoni delle previsioni del tempo. Ora che ci penso: avevo una gatta che non sbagliava mai: quando si grattava le orecchie in un certo modo sicuramente stava per arrivare la pioggia; il gatto che ho ora no: si gratta in continuazione, perché è sporco, perché combatte).