Dicevo, ieri sera a un’amica – conversazione telefonica mentre portavo a spasso il cane che inseguiva gatti – che oltre ai racconti di Yates per me sono fondamentali quelli di Richard Ford, che per diverso tempo non ho letto: che vado a pardere tempo, io, con l’autore di Independence day?
Richard Ford, invece, è un maestro: del non detto.
Quando si scrive, infatti, conta – ovvio – quel che si scrive ma conta – e qui non è altrettanto ovvio – quello che non si scrive.
Non si tratta solo di “tagliare”.
La vera arte è tagliare, diceva Ezio Taddei,scrittore anarchico di Livorno, ma anche Virginia Woolf e altri concordano.
Si tratta di far capire facendo parlare uno sguardo, il movimento di una mano.
Leggere Richard Ford, ho detto a questa mia amica, è assai più utile di un corso di scrittura creativa.
Che poi, la scrittura mica si insegna, dicevano Flannery O’Connor e Yates, per esempio.
L’arte del dosaggio – quanti aggetti e quanti avverbi – si impara, per esempio, leggendo, magari Calvino.
L’arte del dire senza dire si impara magari leggendo, di Richard Ford, Rock Springs.
Ginni, sai che sta (o magari è già uscito) un libro, credo inedito, di Dubus? Lo pubblica Mattioli 1985. Lo prenderò: so che è bravo, qualcuno dice quanto Yates, di cui era amico
Giulia, io credo che il dire senza dire sia un’arte. di pochi. ciao.
Grazie Luigi (in effetti la questione è complessa: si va da Ungaretti a Lacan…)