Piccole fughe

Anni fa, una ventina almeno. Lavoravo al giornale La Sesia, ero caporedattore. Non succedeva spesso, succedeva una, due volte l’anno: prendevo mezza giornata di ferie, salivo sul treno e andavo a Torino, a Palazzo nuovo, facoltà di Lettere, e poi bighellonavo in via Po, tra le bancarelle di libri usati.
Era un tuffo nel passato, un tornare indietro ai miei anni di fabbrica e università.
Ma un giorno preferii fare altro. Era inverno, c’era la nebbia, presi la mia mezza giornata di ferie e me ne andai in macchina in Monferrato. A Rocca delle donne, mi pare. Entrai in un bar, presi un caffè, poi camminai fumando il mio toscano (son passato alla pipa, ora). Nessuno che mi conosceva. Nessuno che mi chiedeva del sindaco o delle vicende di cronaca cittadina. Potevo salutare qualche persona sconosciuta, poi risalire in macchina, tornare.
Nel 2004 vengo nominato direttore, addio alle mezze giornate.
Mi sfogo scrivendo di notte, anche al mattino appena sveglio, in questo blog.
Con la scrittura si va lontani.
Ma la scrittura aiuta, a volte.
Bene, un mattino scrivo un post. Racconto di un uomo che lavora in un ufficio e che non ne può più di chiamate telefoniche su fisso e cellulare e quindi decide: da domani prendo un’ora di libertà e me ne vado a camminare al fiume, senza telefono.
Scrissi, non ricordo se postai quanto scritto, andai a lavorare.
Il giorno dopo, appena sveglio ripensai a quanto avevo scritto. L’avevo scritto per me. Andai a lavorare in bicicletta, anziché in auto. Facendo un giro largo. Anzi prendendo un’altra strada: quella che porta al fiume Sesia. Col telefono spento, naturalemente, solo per venti minuti. Bastavano per farmi sentire il rumore dell’acqua del fiume che scorre.
Anni dopo scrivo il giallo Vegan. Le città di dio.
Inizia così.

Un giorno mio padre mi disse che la voce di dio si sente solo quando la notte è fonda: è l’acqua del fiume che scorre.

La notte del santo: recensione di Valerio Calzolaio

Torino. Fine giugno 2014. Augusto Labrocca, barbone trotzkista sulla settantina, ex avvocato, non vedente e svelto di lingua, bighellona davanti a una palazzina con in mano una bottiglia di Bonarda dell’Oltrepò pavese e, quando gli offrono una sigaretta, avvisa i due poliziotti che al primo piano troveranno due studenti universitari sgozzati: “Non dovete nemmeno sfondare la porta, hanno lasciato aperto per voi”. Già. E, anche se non ancora scoperti, non sono i soli uccisi quella notte di San Giovanni Battista, patrono di Torino, tra il 23 e il 24 giugno. Intanto arriva l’ispettore Tavoletti; il suo capo e sostituto commissario Pietro Aziz Dallavita (58enne scuro di carnagione) non risponde al cellulare, in tutt’altre faccende affaccendato. Sta girando solo in auto guardando il Po, ormai si è deciso: deve andarsene da casa, lasciare la moglie, iniziare una nuova vita affettiva! Non ha (ancora) un’altra, a casa non ne può più (e non è nemmeno particolare colpa della moglie infermiera Carmen), il figlio Giacomo è grande e lui è attratto altrove (dalla molto più giovane Benedetta, traduttrice che incontra ogni giorno per uno, due, a volte tre caffè).

cop def notte santo

Quando la mattina entra in questura, il turbato sbirro dal passato adamantino comincia anche lui a indagare: erano una coppia di omosessuali di Trecate (Novara), non belle persone, poco studiosi e molto cocainomani, amanti dei bar malfamati e dell’estrema destra xenofoba. Non crede c’entri il cieco e lo fa rilasciare. Sbaglia e sia il borioso giovane abbronzato capo della sezione omicidi Bartotti che il sensibile accorto neoquestore Mari lo rimproverano. Nemmeno con il poco esemplare 53enne Tavoletti va d’accordo, però si rinvengono altri cadaveri con la bocca incerottata e la gola squarciata, devono in qualche modo far fronte comune. Li aiuta pure la psicologa esperta in criminologia, ha un debole per Pietro.

Il bravo scrittore e giornalista (già operaio e portiere di notte) Remo Bassini (Cortona, 1956) fin da piccolo vive e opera a Vercelli. È giunto quasi al decimo romanzo, un’esperienza letteraria sempre più orientata al genere noir meditabondo ed esistenziale che ora ha trovato l’appropriata collana dell’esperto Fanucci. Il nuovo bel romanzo è un giallo in terza persona al passato su vari personaggi, raramente in corsivo l’uomo stralunato che ha deciso di vendicarsi mettendo su per un paio di notti la Banda del Santo (di qui il titolo). L’efficace narrazione evita le quinte metropolitane svelando i caratteri “provinciali” di ogni ufficio e città. Tutto si risolve in pochi giorni e, tuttavia, molto resterà segreto e in sospeso. Il punto non è l’indagine in senso stretto ma l’introspezione su come tragedie e occasioni inducano repentinamente svolte di vita o le evidenzino come mature, da cui derivano scelte conseguenti, più o meno sane, per figure diverse e talora distanti, non solo per Dallavita, il buon protagonista con la personalità sviscerata. Altri personaggi sono meno ben disegnati, anche se quasi nessuno dimenticherà di aver incontrato Luciana o Sonia o Eva che dir si voglia, la splendida argentina che aveva studiato recitazione negli Stati Uniti e combattuto per la guerriglia peruviana. Non troppo sullo sfondo i vizi del potere e il ruolo dei Servizi. Il vino piemontese merita sempre, rosso e bianco; anche la grappa. Pietro ama e ascolta Tenco per una miriade di motivi (illustrati), pure Jacques Brel, Leonard Cohen e soprattutto Paolo Conte.

La notte del santo, Remo Bassini, Giallo Fanucci 2017, Pag. 252 euro 13

Valerio Calzolaio

(i libri che ha scritto: https://www.ibs.it/libri/autori/Valerio%20Calzolaio)