Irina

Diceva d’essere stata una ballerina brava e ben pagata. Ometteva di dire che aveva lavorato nei night. Su Irina, comunque, si dicevano tante cose, oltre agli apprezzamenti. Che era stata una prostituta, però tosta, dal momento che, stufa di essere pestata, aveva denunciato il suo protettore.

Aveva deciso di cambiare vita, mica facile per una dal suo passato. Era felice di essere stata assunta in fabbrica e di aver superato il periodo di prova, ed era contenta perché le altre donne l’avevano accettata; ma che c’era un capo che fin dal primo giorno le aveva messo gli occhi addosso.

“Aspetta che non ci sia nessuno per farmi proposte” raccontò lei a uno del consiglio di fabbrica.

“La riprende perché quella ha voglia di fare un cazzo, ha solo la lingua lunga” dicevano di lei alcuni operai, però.
Con riflessioni aggiuntive sui lavoretti della lingua di Irina.

Sta di fatto che era tosta, tosta davvero.

Un mattino arriva in fabbrica il capo. È nero come quelli che fanno il carbone.
Al primo che lo saputa risponde bestemmiando.
Irina, invece, è sorridente. Alcune donne del suo reparto hanno lo sguardo malizioso, di chi conosce i segreti dei peccati altrui.

La sera prima lei aveva ceduto: e lo aveva invitato a casa sua .
Lui aveva suonato, e quando Irina aveva aperto la porta le aveva allungato un mazzo di rose. Sorridente.
Voglio scoparti ma non sono mica una bestia, voleva dire quel sorriso.
Ma le rose gli caddero di mano. Mentre le porgeva a Irina si era reso conto che Irina non era sola. C’erano anche le altre del reparto.

Sembra che lo applaudirono, quando lui girò le spalle, dandosela a gambe come un ladro. Ma forse non è vero, forse non arrivarono a tanto, quelle donne.