L’ispettore Tavoletti (Figli, come mi mancate…)

Appena in strada, l’ispettore si fiondò dentro un bar, fece pipì, bevve un caffè, comprò una Moretti grande, ghiacciata, quindi raggiunse la sua Punto amaranto.
Comunicare subito per telefono i tre nomi a Bartotti, oppure avvisarlo che stava arrivando con quella che si poteva definire la svolta delle indagini?
Bartotti, tu e quel rottinculo di questore stasera potrete farvi belli davanti alle telecamere, esclamò incurante dei passanti. Certo che potete, ma guai a voi se non dite che è stato il qui presente ispettore Tavoletti a togliervi le castagne dal fuoco

E tu, piccola Sara, almeno una volta sarai orgogliosa di me e potrai vantarti di tuo padre.

Adesso doveva pensare a lavorare, ma il giorno dopo, come tanti altri giorni, Tavoletti sarebbe passato davanti alla facoltà di lettere, nella speranza di vedere sua figlia.
Doveva partire sparato verso la questura, ma ormai in mente aveva solo lei. Il suo cruccio, la sua ossessione.

Figli, come mi mancate sporca estate

Quel brano di Piero Ciampi si era impossessato di lui.
Accidenti a Dallavita, che guida sempre ascoltando canzoni del cazzo, pensò l’ispettore Tavoletti partendo con una sgommata.
(da La Notte del santo, Timecrime)