Sto scrivendo una storia di calcio e d’amore, ma non so né se la finirò né se andrò avanti.
Diciamo che sono abbastanza stanco di pubblicare libri: la prima volta che pubblichi, che accarezzi una copertina di un tuo libro, pensi di aver fatto qualcosa di grande, di importante, ma poi, quando arrivi alla decima, sai che non hai fatto niente. Sei uno dei tanti.
Il primo libro, già. Sognare di scriverlo, dirlo a qualcuno e leggere negli occhi di questo qualcuno – che non sia né un tuo caro amico né un tuo parente – solo scetticismo. A volte peggio. A volte la gente ci gode a dirti che.
Ricordo quando mi iscrissi a Lettere. Avevo 26 anni, lavoravo in fabbrica. Lo dissi a un ragazzo che conoscevo, uno studente universitario che si ammazzava di studio e che faceva incetta di trenta e lode.
Mi sono iscritto a lettere, gli dissi:
Parlammo un po’. Poi lui mi disse: Non credo che ce la farai.
Mi fece rabbia ma fu uno stimolo in più.
Anche un insegnamento. Quando ricevo il manoscritto di un aspirante scrittore in genere ci vado cauto con i giudizi. Ma se quello che leggo mi convince un consiglio lo do: credi in te stesso.
Poi che sarà sarà…