Scrivere, un atto di rivolta contro la realtà

Per me queste parole hanno un chiaro significato.

La letteratura ha una radice sovversiva, sempre, anche se l’autore lo ignora. Questo lo capì l’Inquisizione spagnola: per trecento anni furono proibiti i romanzi in tutte le colonie spagnole. Gli inquisitori dicevano che per gli indigeni i romanzi erano pericolosi, generavano inquietudine.
Una narrazione funziona quando a poco a poco scopri connessioni misteriose, che non sapevi esistessero. O quando certi personaggi secondari crescono e quelli che credevi importanti impallidiscono. Bisogna sapere ubbidire ai demoni che evochiamo (se riusciamo a evocarli).
Anche quando scrivo romanzi c’è la presenza della ragione, dell’idea, ma io faccio partecipare altri aspetti, i demoni che tutti abbiamo, i mostri, le passioni, i deliri.
Mario Vargas Llosa

PS: Da IlSole24 ore, 8 ottobre 2010: lo scrittore e giornalista Bruno Arpaia scriveva

anche adesso che le sue posizioni politiche sono passate dall’antico castrismo a un liberalismo a oltranza, lo scrittore di Arequipa continua ad affermare che «la letteratura ha una radice sovversiva, sempre, anche se l’autore lo ignora», che «lo scrittore è un dissidente che crea vita illusoria perché non accetta la vita e il mondo così come sono», che «la sua opera è sempre un deicidio segreto, un atto di rivolta contro la realtà».