Appunti di uno sbadato

Essere distratti, ma distratti tanto. Stamattina, in giro con mio figlio e il cane. Colazione in un bar, alcuni acquisti, poi incontro un amico, poi si torna verso casa. «Cico, dove abbiamo messo la focaccia e l’insalata russa?» gli domanda, vedendo che in mano ha solo il suo cellulare. Vedo che lui si piega in due e ride. Poi guarda il mio braccio sinistro. Non c’è solo il guinzaglio, ci sono anche due piccole buste.
C’è abituato, Cico. Un paio di anni fa.
«Babbo, ma dov’è il cane?»
«Occristo, l’ho lasciato in macchina».

C’è di peggio, ho fatto di peggio.
Tre anni fa, vado allo stadio per lavoro: devo seguire una partita della Pro Vercelli che gioca in notturna. Gara d’inizio ore 20,30, ma io in genere arrivo un’ora prima. Mi piazzo nella tribuna stampa e scrivo il primo pezzo, con le anticipazioni della gara. In genere arrivo per primo e se posso sono uno degli ultimi ad andare via.

Allora, quella sera di tre anni fa.
Questo è il primo film della serata (seguirà un’altra versione).
Arrivo in zona stadio. Stranamente, non ci sono posti auto. Mi sposto in una piazza, vedo un possibile parcheggio, sarà mica per disabili?, mi chiedo. L’illuminazione è scarsa, non riesco a capire. Comunque parcheggio, poi vado allo stadio.
Fine partita, corro alla macchina. Non c’è. Bene, serata rovinata, penso. Corro a casa, telefono a un mio amico vigile in pensione (con cui avevo lavorato nella mia breve esperienza di assessore all’ambiente). Che mi dice: Rivolgiti al comando Vigili domattina, dovrai pagare una multa, più sottrazione punti della patente, più la rimozione.
Sono le undici di sera, dovrei ancora mangiare, ma mi è passato l’appetito. Perché penso all’indomani mattina, al tempo che dovrò dedicare barra perdere per riavere l’auto eccetera.
Comunque un boccone lo mando giù lo stesso e mentre mangio ecco che vedo il secondo film. Che avevo completamente rimosso.
Allora, certo, avevo parcheggiato l’auto in un posto forse dedicato ai disabili. Ma prima di entrare allo stadio mi ero detto: e se per una volta non arrivassi primo? Ero così tornato indietro, avevo girato un po’ e alla fine aveva trovato un parcheggio. Ero quindi corso allo stadio ma, poi, allo stadio, forse perché preso dalla partita (sono un giornalista-tifoso) avevo bellamente dimenticato la seconda sistemazione dell’auto (tra primo e secondo tempo, ricordo che pensavo al carro attrezzi…).

Il giorno dopo il mio amico vigile mi chiede: Com’è andata? Recuperata l’auto?
Recuperata ieri sera, dopo aver mangiato, gli dissi.
Gli raccontai, non disse nulla. Ho una quasi certezza: non credette alla mia storia. Credo che pensò male di me, molto. Forse pensò che avevo fatto intervenire il sindaco o il comandante dei vigili. Non l’avrei mai fatto.

Brutta cosa essere sbadati.
Un’altra volta mi andò bene, ma bene tanto. Lavoravo al giornale La Sesia, da poco. Le prime buste paga contenevano contanti. E un giorno ne perdo una, con tutti i soldi, fuori da un bar. Ricevo una telefonata. «Hai perso la busta paga e i soldi?»:
«Non credo… o merda, sì».
L’aveva trovata la persona che mi stava telefonando. Un bidello, che anni prima aveva lavorato con me in fabbrica.

Poi ci sono le sbadataggini che non mi perdono. Ho perso tutte le lettere che ricevetti quando mori mio fratello Moreno…
Ho perso tutte le lettere che mi scrisse (con la sua penna stilo) Luisito Bianchi…
Eppure mia madre ci aveva provato in tutti i modi a rendermi ordinato. «Metti sempre il fazzoletto nella tasca destra, insieme alle chiavi. Le monete mettile nel borsellino, tasca sinistra.» E se la scrivania era in disordine – e lo era: sempre – erano culi.

Però mio figlio si diverte.

PS. Quando fui assunto al giornale La Sesia un vecchio operaio tipografo mi disse che io ero sbadato come Achille Giovanni Cagna, il più grande scrittore vercellese (tra i suoi estimatori ci sono Gobetti, Conti, Gadda…)
Su Cagna girava una leggenda tra il personale del giornale (che Cagna frequentava): che un giorno, nel vecchio cesso della Sesia, invece di accendere il sigaro che aveva sempre tra le labbra avesse avvicinato il fiammifero a un altro… sigaro. Impossibile crederci. Fumo sigari anche io, però.

Reazioni avverse

Reazione avverse al vaccino contro il Covid. Pareri. Testimonianze, anche dolorose, disperate su facebook.

A volte, leggi di una persona che racconta il suo calvario.

Poi vedi un commento con reazione: faccina che ride. (Infatti: c’è da ridere.)

Oppure succede che leggi un altro commento che dice: Ti sta bene, potevi informarti prima.

Forse capisco perché mi è passata la voglia di scrivere.

A proposito di presentazioni

Non mi piace parlare in pubblico – anche se l’avrò fatto almeno cento volte – non mi piacciono le presentazioni dei libri. Però le faccio. Le faccio soprattutto quando mi trovo bene con la casa editrice che mi ha pubblicato, investendo su di me.
Le piccole case editrici fanno fatica a sopravvivere, parecchie aprono con entusiasmo e poi chiudono perché non ce la fanno.
Precisazione: a piccole case editrici do per scontato e sottinteso l’aggettivo “serie”.
Esempio di casa editrice senza questo aggettivo.
Si manda un manoscritto e ti rispondono che è ok, l’hanno letto, lo pubblicheranno. Ma visti i tempi che corrono ti chiedono di acquistare magari 200 copie a prezzo scontato…
E le altre che invece non chiedono nulla per assorbire i costi (stampa, telefono, ufficio stampa, editing eccetera) o che addirittura ti danno anche un piccolo anticipo (a me è successo, con Perdisa)?

Ho presentato La suora – Golem editore – tre volte, per ora: a Vercelli (1) al Circolo dei lettori, Torino (2), alla biblioteca di Cigliano, a 30 chilometri da Vercelli (3).

Poi. Firmacopie sempre a Vercelli, quando è uscito. Tre presentazioni online (Mondadori di Alessandria, Anticorpi letterari, diretta instagram: Set con l’autore).
Prossima presentazione, mercoledì 11 a Torino, ore 18, sarò ospite di Trama, in via Mazzini 44, per Eventi Feltrinelli.
E più in là, forse una presentazione a Firenze più varie ed eventuali.

Sulle presentazioni, ancora due cose.
Confermo, le faccio malvolentieri ma ce ne sono state alcune (a Sermide, per esempio, oppure a Bologna con Luigi Bernardi) che non dimenticherò. Contento, insomma, d’averle fatte.
E non mi spiacerebbe presentare La suora nei luoghi in cui è ambientata, Orta soprattutto (vedi foto sotto).
Le più belle? Solitamente nelle biblioteche, con un po’ di gente ma non tantissima: meno gente c’è e più c’è dialogo, magari al termine. Certo, si vende qualche copia in meno…