Ho scritto un post, alcuni giorni fa.
Gente che ho avuto la fortuna di incontrare.
Sentivo, dopo averlo scritto, che c’era qualcosa che non andava. Mi succede spesso. A me piace scrivere senza pensarci troppo, lasciando libera la mano. Che stavolta, però, mi ha tradito.
Avevo dimenticato una persona: Zena Roncada, di Sermide. Per anni ho letto il suo blog, Colfavoredellenebbie, poi è successo che ci siamo conosciuti, frequentati.
Zena è parte della mia vita. Le più belle presentazioni dei miei libri le ha fatte lei, a Sermide. C’era tanta gente, sempre, che non era lì per me: era lì, in biblioteca, per Zena e per Lino (che non c’è più, ma c’è: eccolo).
Zena è stata anche un editor di alcuni miei libri, soprattutto Bastardo posto (con Stefania Mola, altra persona a cui son legato e che non sento da una vita).
Zena è il ricordo di giorni felici vissuti a Sermide.
Zena è il ricordo di amici che non ci sono più: Terez, anche don Luisito Bianchi (non si sono conosciuti, loro, ma un giorno mi presentai a don Luisito con un barattolo di marmellata che Zena mi aveva detto di donargli…).
Zena è… questa cosa qua: copio e incollo il suo ultimo post, su facebook.
Quando mi chiedono la mia professione mi verrebbe da dire : ‘lettrice’.
Perché, se facessi dei mucchietti con il tempo assegnato alle diverse attività della mia vita, credo che la montagnola delle ore corrispondenti alla lettura sarebbe la più elevata.
Sia considerando il fatto che dall’età di 4/5 anni non c’è stato giorno passato senza leggere qualcosa.
Sia pensando, naturalmente, alla mia ragguardevole età.
Sì, in effetti sono stata una lettrice precoce.
La faccenda è che i libri sono entrati nella mia vita per sostituire la camomilla. Hanno cominciato a leggermeli la sera, i libri, perché io, finalmente, prendessi sonno.
Sempre gli stessi, per altro. Tipo ‘Il gatto con gli stivali’, ‘Pel di carota’ e una bellissima fiaba, di cui non ricordo il nome, con i fiori abitati da piccole fate che come mezzo di trasporto usavano le rondini.
C’è da dire che un giorno il compito di addomesticarmi al sonno lo prese per qualche tempo una vecchia zia, che era molto anziana e stanca, e tirava a far presto: così saltava le pagine…
Ma io, ormai, le sapevo tutte quante a memoria, le storie: mi accorgevo dei salti non autorizzati e mi arrabbiavo molto.
Allora praticamente mi misi in proprio e, non so come, forse facendo corrispondere i segni ai suoni…chissà, imparai a leggere da sola e mi portai avanti col lavoro.
Ci presi gusto.
Prendevo i libri dagli scaffali dove arrivavo: così lasciai le fiabe per altre fiabe, quelle della mitologia, ad esempio, che mi tengono compagnia da una vita, col loro bagaglio di ercoli, ninfe e mercuri, il mio dio preferito…
Quando poi mi accorsi che leggere mi dava pure dei privilegi, cominciai ad approfittarne alla grande. Se leggevo e c’era da aiutare a sparecchiare, bastava dire ‘oh, ma sto leggendo un libro così bello’ che la Rosa miamamma mi lasciava quieta, nella poltrona dell’ingresso, così fresca d’estate da sembrare una succursale del paradiso.
La vorrei, quella poltrona, in queste ore di calura esagerata, insieme col silenzio della mia vecchia casa, addormentata nel primo pomeriggio: oggi mi resta, ad ogni pagina girata, la speranza di incontrare la bellezza, che non risente, dentro al libro, delle intemperanze del termometro.
Mi rileggo Il paese delle nevi di Kawabata.
Meraviglioso
Grazie per avermi ricordato le sue collane preziose fatte di parole, di ricordi, di pensieri. Un abbraccio.