Incontro una persona, una brava persona che conosco da anni. Ha tanti interessi – va a pescare, a vedere le partite allo stadio, gli piace giocare a scopa – ma mai avrei creduto che leggesse.
«Ho letto La suora», mi fa.
Non gli chiedo nulla (non chiedo mai).
È lui a chiedermi qualcosa.
«Come ti è venuto in mente? Come mai hai scritto questo libro?»
Questo incontro è avvenuto giorni fa, ad agosto. Ma ci ho riflettuto. Ho infatti ripensato alla risposta che gli ho dato.
Una risposta diversa dal solito. A persone che si intendono di libri non ho detto quello che ho detto a questa persona.
«Quando c’è stato il lockdown mi sono sentito imprigionato, ma non erano le persone che mi mancavano, mi mancavano i posti, mi mancavano certi luoghi. Ma lo sai che quasi ogni giorno guardo una foto del lago d’Orta?»
Va a sapere.
(Fino a questo incontro la mia risposta era stata: «Durante il lockdown, mentre passeggiavo con il cane in una città deserta, mi sono domandato: Dove vorresti essere tu, adesso? E mi è venuta in mente Orta con il suo lago e la sua isola, tant’è che quella sera, avrei scritto il primo capitolo de La suora»).
La risposta che ho dato a quella persona, giorni fa, era più vera.
Mi ha ascoltato, non ha aggiunto altro, lui. Abbiamo parlato d’altro, poi.
… addormentandomi, nei giorni del lockdown, sognavo di camminare a Orta, o in Valsesia, o a Cortona, o nei luoghi della Liguria che più conosco: Boccadasse, Varigotti, Vernazza, Celle… in un paese di montagna di cui non ricordo il nome