Deridere

Ho tanti difetti, tanti, ma non mi sentirete mai fare battute sull’aspetto fisico o sulle imperfezioni di qualcuno.
Ho imparato cammin/vivendo.
Ricordo numero uno.
Ho un ricordo che vorrei cancellare. Avevo 14 anni, era estate, ero in vacanza da alcuni miei parenti contadini. E avevo conosciute alcune ragazze della mia età. Una di loro si chiamava Lucia, che è un nome ricorrente in tanti miei romanzi.
Un giorno mi ritrovo insieme ad alcuni adulti. Alcuni sono parenti, altri non li conosco. Un mio zio mi fa: “Non vedo Lucia… ti piace Lucia?”.
Dissi: “Non mi piace, è brutta”.
Dissi senza sapere che c’era la madre di Lucia lì, in quel gruppo di persone.
Ricordo il suo sorriso. Lo ricordo ancora adesso, come un’assoluzione per un mio peccato di quattordicenne, certo, ma non tutti i quattordicenni sono sboccati. Sorrise a me e agli altri, e io quel sorriso amaro, da allora, me lo sono sempre portato appresso. Di Lucia non ho ricordi.

Anni dopo. Una sera vado a fare una tac a Pavia (nella mia città non le facevano). Era buio. Prima di me c’era un bimbo dalla testa enorme. Avrà avuto sette, otto anni, ma sembrava più grande. Ricordo che fissava il vuoto. C’era suo padre, con lui, un omone con la barba. Ecco, a distanza di anni, quando sento qualcuno che dice o leggo qualcuno che scrive la frase “accarezzare con lo sguardo” ripenso allo sguardo di quel padre.

Ci dimentichiamo troppo spesso che siamo essere imperfetti (destinati a invecchiare e a morire, anche)

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